Silenzio. Quello societario. Quello dei tifosi. Quello di tutti. Silenzio nel senso di senza parole. Silenzio di incomprensione, incredulità. Silenzio che fa rumore come i dubbi. Generali. Inevitabili. Silenzio perché è molto difficile trovare le spiegazioni a questo tragico, sportivamente parlando s’intende, momento. Soprattutto adesso che un’altra sconfitta è andata in scena e a prescindere dalle assenze, tante e pure pesanti, resta l’amarezza, l’incomprensione di cui sopra e, quel che è peggio, quel clima di rassegnazione che si è visto in campo nel secondo tempo ed è il vero, gigante problema ora. Ora che il primo posto è un capitolo chiuso e purtroppo è merito di un Gubbio stratosferico e con pochissimi precedenti in categoria ma è anche un demerito della Spal che chi scrive non ha mai considerato lo squadrone che ammazzare il campionato doveva ma nemmeno quella formazione così scarica e rassegnata (insisto) ammirata, e si fa per dire, domenica di fronte al Lumezzane e non al Barcellona.
Le ultime partite non hanno bisogno che si sprechi inchiostro, pensieri, riflessioni. I risultati parlano da soli. Sempre. La sfiga una volta può penalizzarti, l’arbitro un’altra volta può toglierti qualcosa, le assenze possono renderti la vita complicata, e pure più di una volta come è successo e sta succedendo alla Spal… Tutto sacrosanto ma poi c’è il cammino che, giornata dopo giornata, soltanto per guardare dopo la sosta invernale, mette in fila quattro partite, tre sconfitte e un pareggio. Poco. No, pochissimo. Meglio: niente. Ma non per arrivare primi. Persino per conquistare i playoff. La classifica, del resto, dice tutto.
Non da oggi il bersaglio principale della critica e dei tifosi è il tecnico Notaristefano. Che sempre chi scrive, non è certo un mistero, considera tuttora (!) un ottimo allenatore. Che ha senz’altro sbagliato qualcosa ma non più di altri (ennesimo parere personale). Riflessione pubblica. Dolcetti: un campionato o quasi strepitoso poi il crollo. Notaristefano: un girone di ritorno l’anno scorso super e un girone d’andata in questo torneo altrettanto buono e ora il crollo. Singolari analogie che, magari, non portano a un punto di arrivo assoluto ma qualche ulteriore dubbio lo suscitano. Che cosa è successo alla Spal? La domanda più ricorrente in queste ore dovrà trovare una risposta velocemente. Una risposta diversa da quelle di queste ultime, difficili settimane. A parte l’eleganza del Presidente che molto responsabilmente e troppo generosamente si è preso le responsabilità di ogni scelta, nessuno come i diretti protagonisti, dai dirigenti ai giocatori fino allo staff tecnico, potrà rispondere ma con i fatti. Nel frattempo il punto più ricorrente, e cioè la la panchina di Notaristefano, è stato risolto con una mossa impopolare che testimonia la fiducia del club ferrarese negli uomini che lo compongono, dallo stesso allenatore ai giocatori. Lo schieramento compatto a favore del mister, infatti, ha portato Butelli e gli altri dirigenti a dare altri sette giorni al tecnico. In sostanza la squadra ha una partita, la prossima, e in un clima mica da ridere, per dimostrare con i fatti quanto assicurato alla dirigenza. Certo, nel frattempo bisognerà recuperare almeno gli uomini più importanti oggi ancora infortunati perché senza Cipriani, Migliorini e Smit – per citarne solamente tre – la voglia non basterà mai, nemmeno domenica prossima.
Tocca ai giocatori ora. E davvero. Dovranno fare di tutto per esserci, gli infortunati, dovranno fare di tutto anche gli altri per evitare disattenzioni, sbagli colossali, rassegnazioni e moscerie varie. Il traguardo playoff, questo sì all’altezza dell’organico spallino, non può essere fallito per nessun motivo. Poi, a fine stagione, chi di dovere valuterà tutto. Errori, sbagli, comportamenti, tutto. Ma è ancora troppo presto se si vuole, come si vuole, arrivare a giocarsela, questa maledetta promozione.
Piccole note e pareri a margine. Scritto che chi parla o scrive di Cosmi, De Biasi e allenatori del genere ha preso un abbaglio o è rimasto troppo ancorato al blasone che c’era una volta, questa è la triste verità, perché questi in Prima Divisione non vengono nemmeno se gli fai un triennale da quattrocentomila euro a stagione, e lo scrivo con assoluta cognizione di causa, la società fa bene a valutare quali e dove sono i problemi. Certo, l’aria che tira è pessima (eufemismo). La gente, quindi il pubblico, è depressa. Anche la squadra e lo stesso allenatore nel dopo partita di domenica parevano frastornati. E queste sono le cose peggiori che possono succedere. Ora sta a loro dimostrare che si tratta di sensazioni sbagliate, antipatie personali, visioni errate. Mai come oggi i nodi sono tutti lì. E la partita di domenica prossima dirà se possono essere sciolti oppure se l’allenatore, come è facile ma anche comprensibile che sia dopo una striscia così negativa di risultati, andrà a casa e si ricomincerà daccapo. Da solitamente ottimista ai limiti dell’umana leggerezza ammetto la mia grande, e con pochi precedenti, preoccupazione. Si dice sempre che ogni buon spallino del mondo debba fare quel che può per la sua Spal. Il problema è che oggi è difficile anche pensare a quale possa essere il singolo contributo. Opto per la pazienza, per la comprensibilmente considerabile sciagurata fiducia e poi aspetto e spero e, ovvio, soffro e tifo. Che chi di dovere dimostri che l’impopolare decisione societaria di cui sopra altro non è che una presa di coscienza e responsabilità onesta e ponderata. Scelgo il capitano, come destinatario di queste ultime righe. Se ci siete, ragazzi, battete un colpo. Meglio: tre colpi. Per il resto, in bocca al lupo a tutti gli spallini, giocatori, dirigenti o tifosi che siano, che non hanno alcuna intenzione di mollare. E ci mancherebbe pure visto che i playoff, almeno oggi e seppure a fatica, sono assicurati. Peggio di così, poi, è davvero difficile fare…