“Non basta un raggio di sole in un cielo blu come il mare perché mi porto un dolore che sale che sale. Si ferma sulle ginocchia che tremano e so perché. E non arresta la corsa lui non si vuole fermare perché è un dolore che sale che sale e fa male. Ora è allo stomaco fegato vomito fingo ma c’è. E quando arriva la notte e resto sola con me. La testa parte e va in giro in cerca dei suoi perché. Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà. La vita può allontanarci l’amore continuerà. Lo stomaco ha resistito anche se non vuol mangiare. Ma c’è il dolore che sale che sa e fa male. Arriva al cuore lo picchiare più forte di me. Prosegue nella sua corsa si prende quello che resta. E in un attimo mi scoppia la testa. Vorrebbe una risposta ma in fondo risposta non c’è. E sale e accende gli occhi il sole adesso dov’è. Mentre il dolore sul foglio è seduto qui accanto a me. Che le parole nell’aria sono parole a metà. Ma queste sono già scritte e il tempo non passerà… Né vincitori né vinti si esce sconfitti a metà. L’amore può allontanarci la vita poi continuerà… continuerà… continuerà…”.
Arisa “La notte”.
Nessuna colta citazione, musicalmente parlando. Il testo di cui sopra è attualissimo ma non si tratta certo di una canzone di De André o di Conte o di qualche altro cantautore che ha fatto la storia d’Italia. Sono solo canzonette, per citarne un altro di cantautore, ma avendo, tra le altre, la perversione di guardare il Festival di Sanremo da sempre, ascoltando queste parole dalla voce di Arisa, più volte nel corso di questa brutta edizione della manifestazione canora non ho fatto altro che pensare alla situazione della Spal. Mi sembrava, e mi sembra ancora, una canzone scritta per noi spallini, questa di Arisa. Il raggio di sole che non basta, il dolore che sale, le ginocchia che tremano, la notte che arriva e porta dietro pensieri, la testa che parte in cerca di qualche perché, i vincitori e i vinti che non ci sono, il fatto di uscire comunque sconfitti a metà, la risposta che non c’è, l’amore, quindi la passione, che può allontanarci, la vita che poi continuerà… Sono tutte frasi che – saranno questi giorni terribili o più probabilmente sarà l’inguaribile malattia spallina – mi hanno fatto scorrere davanti, mentre ascoltavo, immagini e fatti e luoghi legati al biancazzurro. Mi è piaciuto, poi, quel finale così rassegnato ma ottimista allo stesso tempo. Quell’uso… terminale della parola “continuerà”.
A questo credo sia obbligatorio aggrapparsi a un attimo dalla seconda udienza di fallimento della Spal che molti, soprattutto la stampa nazionale (vedere il titolo a tutta stampa della Gazzetta dello Sport di ieri) danno già per morta e sepolta. Oddio, è un rischio che esiste ed è pure concreto ma “aspeta n’atim, zio sporc”.
Tanto manca pochissimo. Domani si saprà tutto e tutto sarà chiaro compresi alcuni “nuovi” interessi, spuntati proprio all’ultimo momento – ma qui scritti da anni – attorno alla società. Staremo a vedere. Per ora, di sicuro non da solo, sto qui a sperare, ad attaccarmi persino a segnali fantasmagorici raccolti alla carlona in un Festival di Sanremo qualsiasi oltre che a varie scaramanzie. Non credo di aver mai consumato così poco spazio in questa, ormai vecchia, rubrica. Proprio perché le parole sono finite esattamente come il tempo a disposizione. Compratori, venditori, politici, imprenditori, tifosi, giornalisti… tutte le parti in causa, per interesse, passione o lavoro, tra ventiquattro ore vedranno e conosceranno tutto. Passeremo l’ennesima notte insonne, sperando che sia l’ultima, aggrappandoci ognuno a quello che può – vale qualsiasi cosa, soprattutto per i maschi – ma quello che vale ancora di più è la Spal. Attenzione. I titoli di coda non sono ancora passati e non devono passare. E se il buon senso, per una volta, prevale sugli interessi il miracolo si può fare. A patto che Ferrara e i ferraresi, anche qui per una volta, dimostrino con i fatti che la bandiera della Spal non è uno stendardo o, peggio, un acronimo bello ma “vuoto”, da sventolare per farsi belli, ottenere favori e frequentare la gente che piace (a chi, poi?). La Spal è la Spal. In tutto il mondo. E soprattutto all’ombra del castello estense è un patrimonio che va salvaguardato, difeso e protetto a qualunque costo. Mazzoni, Moretti e purtroppo pochi altri ci stanno provando a compiere il miracolo. Non serve amarli per seguirli. Basta amare, ma davvero, la Spal. Soltanto così il miracolo s’ha da fare. Eccome. Sveglia Ferrara e Forza Spal!