L’EMOZIONE CONTROLLATA DI LUCA ANSELMI, ENNESIMO PORTIERE DEL VIVAIO SPALLINO CONVOCATO IN NAZIONALE

Di prima impressione, si sa, se ne può avere soltanto una. Ed è quasi sempre sbagliata. Così quando Luca Anselmi (nelle foto due momenti della sua carriera in biancazzurro), portiere dei Giovanissimi Nazionali, si presenta nella sala stampa del centro d’addestramento della Spal viene la voglia di accostarlo ad Harry Potter: calmo e dai modi garbati, i capelli leggermente spettinati, gli occhiali da vista. Occhiali dalla montatura retrò, come quelli di moda oggi, che sembrano suggerire un’ideale vicinanza a quelli indossati da un Anselmi venuto prima di lui, Guido, lo smarrito regista cinematografico in Otto e Mezzo di Federico Fellini. Tutto sbagliato, perché Luca Anselmi nonostante i quindici anni ancora da compiere (è nato il 31 gennaio 1997) ha l’aria di essere tutto fuorché smarrito: da quest’anno difende la porta di una delle selezioni più in vista del settore giovanile spallino e lo scorso otto dicembre ha partecipato al Torneo di Natale di Coverciano, uno stage riservato ai migliori under 15 d’Italia. Parla della sua esperienza con disinvoltura, quasi come se essere intervistato fosse materia quotidiana. Con la forza della sicurezza senza il riflesso dell’arroganza. E anche se la giovane età gli impone di infilarsi in qualche vicolo cieco fatto di frasi fatte, riesce a essere sincero e convincente per quasi tutta la durata della chiacchierata.

Che ne è stato della maglia della Nazionale? Già messa in una cornice come ricordo?
“(Sorride) Non ancora, l’ho portata proprio giovedì all’allenamento per mostrarla ai compagni di squadra”.

Deve essere stata una bella emozione varcare i cancelli del centro di Coverciano.
“Sì, una bellissima esperienza. Una cosa del tutto nuova che sicuramente dà tanta fiducia, fa credere nelle proprie potenzialità. Ed è bello anche perché rende felice la società, gli amici, i genitori e ovviamente se stessi”.

Come è andata durante i tre giorni di permanenza?
“Abbiamo giocato tre partite con altre selezioni di under, in tutto eravamo ottanta ragazzi. Sono stato in stanza con il portiere della Juventus, eravamo nella stessa squadra. Si può dire che sia andata bene, anche se la mia selezione ha perso tutte e tre le partite! Però devo dire che di volta in volta si è visto un miglioramento a livello collettivo, una crescita visibile da parte di tutti”.

Non male per uno che ha cominciato alla Scuola Calcio Dribbling di Ferrara, come tanti giovani ferraresi.
“Eh già, ho iniziato cinque anni fa, ma non sono rimasto molto: dopo poco più di un anno sono passato alla Spal in seguito a un provino”.

Hai avuto fin da subito la vocazione del ruolo di portiere o sei stato spostato da qualche allenatore?
“In realtà ho cominciato giocando fuori, poi mi sono accorto che non mi piaceva correre e dopo aver visto gli altri portieri allenarsi ho detto ‘proviamo’. È andata bene e il fatto di essere più grande rispetto ai miei coetanei mi ha aiutato ad arrivare qui”.

Come ben saprai negli ultimi anni a Ferrara si è quasi sviluppata una scuola per l’esportazione dei portieri: da Costantino a Tonozzi, passando per Gollini finito addirittura al Manchester United. Con Pierluigi in particolare hai avuto occasione di confrontarti durante la sua permanenza nella Spal?
“Sì, anche se purtroppo non c’era un gran rapporto con lui, principalmente perché Pier ha una personalità molto diversa dalla mia, più esuberante. Io sono un po’ più umile, ma credo sia anche per via della differenza d’età. Comunque Pier adesso è a Manchester perché lo merita, speriamo faccia bene, io devo pensare a fare la mia parte”.

La tua crescita come calciatore sta cambiando la tua vita quotidiana?
“Un po’ sì, ma credo sia normale. Succede soprattutto con gli amici, ma anche con i compagni di squadra. Quando si è saputo della convocazione sembrano più euforici loro di me! Però bisogna essere umili e non montarsi mai la testa. In famiglia la situazione viene vissuta con calma: mia madre ci scherza su, a volte mi fa anche arrabbiare perché sottolinea i miei errori in partita. Papà è felicissimo, ma ha già chiarito che per prima deve venire la scuola. E poi c’è il mio fratello gemello che gioca alla Dribbling e fa il terzino, ho sempre sperato di vederlo qua con me ma non è mai arrivata la chiamata…”.

Hai parlato della scuola, su quel fronte come va?
“Bene! Frequento l’istituto alberghiero Vergani, mi è sempre piaciuto cucinare e in prospettiva futura questi studi possono venirmi utili per lavorare, nel caso con il calcio le cose non andassero bene. L’unica difficoltà sta negli orari, perché le lezioni finiscono alle 14 e di lì a mezz’ora inizia l’allenamento. E io mi devo spostare in bicicletta! (sorride) Comunque se uno vuol fare bene entrambe le cose ce la può fare, basta stare un po’ più attenti in classe e impegnarsi al massimo”.

Con mister Cancellato come va?
“All’inizio le cose non sono andate proprio alla grande, complici anche i risultati e la sua tendenza a lavorare moltissimo sulla tattica. Con il corso delle settimane però abbiamo trovato l’assetto giusto e sono arrivati anche i risultati. Sta dimostrando di essere un ottimo allenatore, che sa gestire bene lo spogliatoio: sa farci restare concentrati e seri, ma anche ridere quando serve”.

E poi c’è Bruno Rossatti, il preparatore dei portieri, che è un po’ il tuo mentore.
“È davvero il miglior preparatore che si possa trovare, mi ha sempre seguito lungo i cinque anni e se sono andato a Coverciano lo devo soprattutto a lui. Mi ha sempre seguito nelle partite, filmandole per farmi vedere cosa sbagliavo e di conseguenza correggere i difetti. Auguro a tutti di lavorare con lui perché è veramente bravo”.

Qual è l’aspetto su cui senti di dover migliorare di più?
“Senz’altro gioco con i piedi, tantissimo, ma quello si sa, è un punto debole di tanti portieri. Sto facendo il possibile per portare al meglio questo aspetto. Finora non abbiamo subito tanti gol, quindi mi pare che il resto vada bene, anche se c’è sempre da imparare”.

Come sai i talenti migliori del vivaio di norma prendono la strada di altri club prima di poter arrivare in prima squadra. È un aspetto a cui pensi mai?
“Beh, qui mi trovo bene, anche se la situazione è difficile per la società. Ma comunque giocare per la squadra della propria città e rappresentarla in giro per l’Italia è molto bello. Al futuro ci penso, però finché non arriva qualcosa di concreto è difficile poter dire qualcosa al riguardo. Chiaro che se dovesse arrivare un’offerta di un club più grande bisognerebbe valutarla. Mi dispiacerebbe lasciare la città, i genitori, la gente che mi ha seguito. Però se c’è la possibilità di andare a giocare in un club più grande, visti quanti giocano a calcio e la difficoltà ad arrivare a certi livelli, sarebbe difficile non accettare. Ad ogni modo ora sono qui e penso alla Spal”.

Hai un portiere modello?
“All’inizio Doni della Roma. Mi piaceva molto, anche se adesso è un po’ caduto in disgrazia. Però quell’anno era il mio idolo. Poi Buffon, ora De Sanctis: non c’è nessun altro come lui in Italia, ha una buona squadra ma soprattutto è forte, con molta personalità”.

Credi sia più difficile per un giovane portiere fare carriera, vista la delicatezza del ruolo? Giusto per restare in tema, lo stesso De Sanctis si è imposto tardi.
“In effetti è così, dovrebbero dare un po’ di spazio ai giovani perché di talenti ce ne sono parecchi. I giovani di solito hanno più voglia, più entusiasmo e fame di vittorie rispetto a giocatori più anziani”.

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