LA NOSTRA SPAL CHE C’ERA UNA VOLTA E L’UMILTA’ CHE DEVE ESSERCI ANCORA

Nuova Ferrara 23 Settembre 2008

Grande Spal, poche storie. La prima vittoria della stagione è una vittoria bella, pesante, anche impressionante. Era sbagliato deprimersi dopo l’ottima partita, purtroppo con sconfitta finale, di Verona e sarebbe grave esaltarsi oggi. Niente voli pindarici, nessuna velleità modello capolista, zero illusioni. Boni, state boni. Però esultate tranquilli e sereni. Sostenete questa squadra che, pare una banalità ma non lo è, è una squadra. Una squadra come si deve. Quei pochi, per fortuna, che avevano storto il naso su Dolcetti già alla seconda gara, in queste ore staranno prendendo la rincorsa destinazione un muro di acciaio per auto-infliggersi un bel po’ di sacrosante capocciate. A Ravenna, la Spal ha vinto bene. Meglio: ha dominato. E meritato. Subito in palla, immediatamente all’attacco e arrivederci e grazie agli appena retrocessi romagnoli, non al Figline o al Cuoiocappiano.
Una squadra, scrivevo qualche riga più in su. Una squadra che malgrado sia stata costruita in fretta e con parecchi problemi (eufemismo) durante l’estate ha già un gioco, una fisionomia e soprattutto una spina dorsale come hanno in pochissimi e come è fondamentale avere se ci si vuole divertire. Non si gioca per vincere il campionato, quest’anno, ed è bene ricordarlo a qualche strano soggetto che può fare il tifoso o l’opinionista ma il ruolo non cambia le eresie sostenute. Si gioca, invece, per ritrovare quell’entusiasmo perduto, cancellato, svilito, dimenticato per tanti ma tanti motivi. E allora ecco l’importanza di un asse centrale Capecchi (altre capocciate per i troppi, frenetici critici)-Zamboni (vedi Capecchi e Dolcetti)-Lorenzi-Centi-Arma. E poi, almeno a Ravenna, bene anche tutti gli altri. In attesa di Moro, sia ben chiaro, e soltanto chi non lo conosce può sottovalutare il peso di un’assenza del genere. Singoli e giudizi a parte, tutta l’euforia che c’è fa bene al morale e alla città. Così come allarga il cuore, spallino s’intende, vedere quattrocento tifosi andare a Ravenna (loro hanno vinto anche più di tre a uno), la squadra entrare in campo con quel piglio, sentire gente che non andava alla Spal da anni e in due mesi ha ritrovato l’entusiasmo di cui sopra, vedere il direttore generale Pozzi esultare in quel modo sotto la curva. Però basta così. Basta lodare una prestazione maiuscola ma soltanto perché non c’è tempo per festeggiare che è già ora di ritornare in campo. Di fronte, domani sera, la squadra più forte del girone. Dolcetti e i suoi, adesso, se la possono giocare senza più quell’angoscia del numero zero alla voce vittorie. Ecco quale può essere il segreto. Provarci con lo spirito e la forza messi in campo domenica scorsa. Provarci e basta. Con il gioco che Dolcetti ha dimostrato di aver dato alla Spal addirittura prima dell’inizio del campionato, con la voglia di stupire, con la serenità che una stagione di transizione ti può dare, con l’esperienza che molti nuovi biancazzurri hanno da vendere. Soltanto un dato. A Ravenna c’era un solo titolare dell’anno scorso. Qualcosa vorrà dire.
In questa settimana che ha visto tutti i tifosi spallini un po’ più distaccati ma soltanto per il rinvio con la Cremonese, devo chiedere pubblicamente scusa per aver dimenticato di sottolineare con il giusto risalto una notizia importante. Si tratta del ritorno in biancazzurro di un pezzo di storia come Gigi Pasetti (bentornato, davvero!) a insegnare calcio alla meglio gioventù spallina. Chiusa parentesi, peraltro obbligatoria, non riesco a mantenere fede alla dovuta umiltà. Predico bene, insomma, ma razzolo male. No, non posso fare a meno di pensare a tutti, ma proprio tutti, i novanta minuti di Ravenna. Dio bono, abbiamo espugnato il Benelli. Majal che Spal.

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