IL COMMENTO. SPAL -VERONA

FERRARA – Il mostro a due teste targato Verona sfiora il grande colpo al “Paolo Mazza” in quella che dodici mesi fa è stata la gara l’esordio di Egidio Notaristefano sulla panchina biancazzurra a campi invertiti (finale 1 a 1) e, oggi, quello di Andrea Mandorlini che ha subito dato agli scaligeri quell’ordine e quella compattezza che per opinione degli addetti lavori veronesi non si vedeva da tempo. Ai punti, ma per fortuna è un altro gioco, gli ospiti avrebbero senz’altro meritato qualcosina in più soprattutto se sommiamo i primi venti minuti e la ripresa nella sua interezza in cui in campo c’è stata una sola squadra e non era certo quella degli uomini di casa nostra. Il campo pesante, la pioggia incessante, le assenze di Migliorini e Fofana, o chissà cos’altro (magari l’elicottero della polizia che ha costantemente sostato sull’impianto ferrarese per monitorare la zona presidiata dagli “accesi” tifosi ospiti) non hanno disegnato la squadra che alla vigilia ci si aspettava, che avrebbe potuto e dovuto consacrare la squadra di Butelli al vertice della classifica. Che scappa, ancora una volta, in attesa della trasferta di Ravenna a casa dell’ex allenatore Leo Rossi e dove tutto sarà tranne che una passeggiata di salute. Spal, eterna incompiuta?  Calma. Certo, sul piano del gioco profuso, delle occasioni da gol avute ma più in generale dell’interpretazione della partita, rispetto alle sfide contro Spezia e Reggiana un timido passettino indietro è stato fatto.
Aldilà che l’avversario di oggi, il Verona che, ricordiamo, in estate è stato costruito per andare immediatamente in B e ora sta pagando lo scotto di un avvio tutt’altro che esaltante. Non si può vincere sempre, ma anche soffrire così per raggranellare un punticino sarebbe meglio evitarlo per tutelare le povere coronarie dei tifosi spallini. Tornando alla partita, la Spal, come la provvida formica, ha preferito partire con meno birra in corpo del solito, consapevole che questo Verona avrebbe avuto dalla sua una cavalleria di tutto rispetto: Esposito, Mancini (avercene), Hallfredsson (che si presenta con lo scaldacollo d’ordinanza… islandese), Pichlmann, Le Noci e Selva, praticamente mezza squadra che da un momento all’altro ha nel repertorio il colpo buono per uccidere la partita. Guadagnando metro su metro con grande acume tattico, con un Coppola gigante e un “Gas” Melara da stropicciarsi gli occhi, la squadra ferrarese trova il vantaggio come un fulmine a ciel sereno grazie a quel Meloni che da un mese a questa parte ha finalmente trovato fiducia e condizione e segna due gol nel suo bottino personale d’annata sfruttando appieno l’occasione per la forzata assenza dell’”uomo nero” Fofana.
Mandorlini in panchina è tarantolato e inizia la sua personale sfida con l’assistente che gli permette sin troppe volte di lasciarsi alle spalle il proprio recinto di competenza di qualche metro. A distanza, con Notaristefano è una guerra di nervi e un gioco a scacchi di rara bellezza: Le Noci arretra la propria posizione per far alzare Smit dalla parte spallina e consentire una maggiore libertà di movimento ad Hallfredsson (che giocatore!), il numero dieci nordico, cresciuto a pane e salmone abituato nottetempo a guerreggiare con gli orsi polari per tenersi in allenamento nella sua Islanda, figuratevi se si spaventa per la marcatura, peraltro larghina di Bedin! La Spal guarda il Verona, dopo il gol quasi lo ammira e gli scaligeri prendono sempre più coraggio. A nulla valgono due chiusure strepitose di Zamboni quando, a cento secondi dalla fine del tempo, Le Noci si incunea alle spalle di Belleri e di testa lo beffa mandando in fumo dieci anni di A e di B del nostro.
Pioggia a catinelle sul “Paolo Mazza” e anche nella ripresa occorre ripararsi e non poco dai tuoni di marca veneta. Melara inizia dando l’impressione di voler finalmente bucare quella rete sotto la curva ovest (splendida per il suo tifo incessante per tutti i novanta minuti), poi sale sul proscenio la Mandorlini band che, anche se non sarà ancora una grande orchestra ha qualche maestro capace di fare la differenza quando decide di fare per davvero: se Pichlmann da la sensazione di essere appena stato catapultato sul campo da calcio per la prima volta nella sua vita, ci pensano l’evergreen Selva e Le Noci ben supportati da un delizioso e deliziante Mancini a creare alla retroguardia estense più di un problema. Meloni chiede il cambio per crampi, si passa al 4-2-3-1 (e non è la prima volta, che sia un’indicazione per il futuro? Chissà…), la Spal sparisce inspiegabilmente dal rettangolo verde mentre il Verona da la netta impressione di saperne di più in materia di calcio ma non affonda il colpo decisivo e, a dieci dalla fine, arriva l’armistizio non scritto tra le contendenti per un pareggio che tutto sommato regala agli scaligeri il punto sognato per muovere la classifica e alla Spal la possibilità di allungare comunque la striscia positiva.

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