ALLA SCOPERTA DELL’UOMO-MACCHINA (E NON SOLO) DEL VIVAIO SPALLINO: ALESSANDRO ORLANDINI

IL RACCONTO-INTERVISTA. Come sta, come lavora, quale clima c’è… Un articolo che spiega meglio di qualsiasi chiacchiera e/o intervista che aria tira nel settore giovanile della Spal. Scopriamo Alessandro Orlandini, l’organizzatore vero del vivaio biancazzurro. Un personaggio schivo, un uomo dietro le quinte, un professionista come ce ne sono pochi.

“È inutile essere un artista se devi vivere come un impiegato” dice un indimenticabile Paul Newman nel film “La Stangata”. Citazione intrigante ma imprecisa quando ci si trova di fronte a impiegati che nella vita si rivelano veri e propri artisti nel loro lavoro. Per esempio nel campo dell’organizzazione. Termine che accostato ad arte sa di forzatura, ma che invece trova pieno senso se presuppone la capacità di fare al meglio il proprio lavoro, usando l’ingegno e la creatività per far funzionare al massimo una qualsiasi struttura. Di sicuro Alessandro Orlandini (singolare la  quasi-omonimia!) si schernirà di fronte a questa definizione, da persona riservata qual è.
Ma è un dato di fatto che da quasi quattro anni il suo apporto tanto discreto quanto abbondante permette al settore giovanile della Spal di crescere e sfornare giocatori potenzialmente utili alla causa biancazzurra. Certo, il merito è di un complesso lavoro di squadra che parte dal ponte di comando dove Orlandini si trova stabile assieme al numero uno, il responsabile tecnico Elio Lauricella. Figure diverse tra loro, ma che proprio per questo sembrano integrarsi bene. Refrattario alla scrivania e più legato alla dimensione del rettangolo verde il dirigente bresciano, classico uomo da dietro le quinte Orlandini. Che non è personaggio propriamente facile da intervistare. E non perché si sottragga alle visite nel suo ufficio in via Copparo, quanto perché il suo eloquio misurato e asciutto dal forte accento emiliano non va mai oltre l’essenziale. Che in questo caso però è ben visibile agli occhi. Allora non ci è rimasto che guardare intorno e cercare con cura tra quelli che con  Orlandini ci lavorano, per scoprire qualche dettaglio del suo mondo. Ne esce un ritratto per certi versi sorprendente. “Alessandro mi ha colpito soprattutto per la professionalità con il quale svolge ognuno dei suoi compiti”. Parole di Elio Lauricella. Che aggiunge: “Ci sono momenti in cui mentre gli si parla può sembrare assorto in altri pensieri. E invece capita spesso di scoprire che ha colto perfettamente il discorso e se c’era da eseguire ha già eseguito qualsiasi operazione”. Chissà che lo spirito di osservazione e la capacità di ascoltare non siano frutto degli anni passati a difendere la porta nel settore giovanile del Galliera, la piccola cittadina a poca distanza da Ferrara dal quale proviene. Dal fondo del campo, in mezzo ai pali, si può maturare la visione d’insieme, la natura degli spostamenti, gli eventuali accorgimenti. Fiutare il pericolo e tentare di sventarlo.

Il passo dal campo alla scrivania è stato breve, lo racconta lui stesso: “Dopo aver smesso ho ricoperto diversi ruoli nella società, navigando in quasi tutte le categorie dilettantistiche fino alla serie D. Dopo l’esperienza da direttore sportivo al Malalbergo in Promozione sono arrivato alla Spal nel 2007”. La passione genuina per l’organizzazione di cose e persone appare comunque scritta nel codice genetico: chi conosce le vicende umane di Orlandini racconta del ragazzo partito per il servizio militare inquadrato nella marina e finito con l’occuparsi dell’organizzazione dei rifornimenti di un bar. E come se non bastasse di questa sua inclinazione all’ordine ha fatto anche il suo principale lavoro, quello di responsabile al ricevimento merci in una azienda di Galliera. Contratto part-time per dedicarsi alla gioventù biancazzurra. Per la precisione circa 180 atleti che vanno dai 9 ai 19 anni, senza contare allenatori, collaboratori, accompagnatori. Un esercito che ogni fine settimana si muove in lungo e in largo per portare in giro giovani promesse sotto il vessillo dai colori del cielo. Una macchina organizzativa che deve poter contare su meccanismi ben oliati. Ci sono pullman da prenotare, ristoranti da contattare, dirigenti da avvisare. Tutti compiti inseriti nel quotidiano lavoro di Orlandini. Dalla sua scrivania d’ufficio al primo piano del centro d’addestramento partono e arrivano decine di telefonate e fax. Questo perché l’uomo deve occuparsi di ingaggiare e cedere giocatori, ascoltare le lusinghe e le profferte di osservatori e procuratori,  curare i dettagli dei tesseramenti, gestire i rapporti con le rispettive federazioni e con le società affiliate. “Per gestire così tanti aspetti serve davvero una predisposizione naturale, – dice ancora Elio Lauricella – oltre a una passione davvero grande che ad Alessandro di certo non manca. Un conto è occuparsi di una squadra, un altro di ben nove di queste. Facciamo tutti un grande lavoro d’insieme e la professionalità di Orlandini è un elemento necessario per farlo bene”. La stima tra i due responsabili sembra sincera e reciproca: “Da quando Elio ha preso la decisione di lavorare qui a tempo pieno – spiega Orlandini – abbiamo fatto ulteriori passi avanti. Certo, si può sempre migliorare in generale, ma per quello serve tempo. Sicuramente in Lauricella si vede la volontà di stare a stretto contatto con quella che è la dimensione pratica del settore giovanile, quella del campo: segue allenamenti e partite con costanza, si può quasi dire che sia una sorta di allenatore mancato”.
I lavori che coinvolgono la sfera della pratica, il lavoro propriamente sporco, interessano anche lo stesso Orlandini che ha anche il compito di preparare ogni fine settimana i completi da gioco per le squadre che scenderanno in campo: sedici maglie, sedici pantaloncini, sedici paia di calzettoni, due kit portiere, sette casacche, una fascia da capitano e un gagliardetto. Il tutto moltiplicato per nove. Il risultato della moltiplicazione suggerisce proporzioni sufficientemente massicce. Anche se, bisogna dirlo, anche lavoratori instancabili come Orlandini (a proposito, è anche un podista!) hanno bisogno di un braccio destro. E in questo caso si tratta di persona ancora più riservata dell’organizzatore di Galliera. Lo prova uno scambio di sms tra chi scrive e lo stesso protagonista di questo articolo. “Devi assolutamente menzionare Annalisa perché è di immenso aiuto al nostro lavoro” – “Lei si è raccomandata di non farlo per nessun motivo” – “Tu ascolta me che è meglio”. Meglio obbedire a quello che mister Massimo Albiero ha definito in sintesi come “un lavoratore silenzioso”. E se chiedete dalle parti di via Copparo se in mezzo ai tanti pregi si possa trovare qualche difetto può capitare di trovare chi vi dirà: “Certo che ce l’ha, è bolognese”. Ad addomesticare tale osservazione ci pensa però Franco Fabbri, uno che in campo non era certo tenero con i suoi avversari (ma che sembra esserlo con gli amici): “Bolognese solo per poco, Galliera è terra di confine e poi lui è sempre qua, – dice sorridendo l’allenatore dei Giovanissimi Regionali – ormai è un dei nostri”.

 

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