GLI ESERCIZI DI STILE, I PROGRAMMI ANNUNCIATI E DA RISPETTARE E I FOLLI DIVIETI

Sì e boh e forse ed eppure e però e mah. Il giorno dopo la prima partita vera della stagione, e parliamo di Coppa Italia di Lega Pro (!), è tutto un (ri)fiorire di rimpianti e appunti che fanno il giro del web, delle mail che riceviamo e della stampa non soltanto ferrarese, tutti obnubilati dalla passione ed è anche bello, ci mancherebbe, che sia così.
Molte analisi, tanti commenti, parecchi punti di vista perfetti e rispettabili che non mettono sul piatto un aspetto fondamentale che, se evitato a lungo, rischia di fare malissimo e regalare ai tifosi un’altra delusione. La consapevolezza, ecco che cosa manca. L’ambizione è sempre legittima, i sogni altrettanto auspicabili ma camminare tre metri sopra il cielo, oggi, rischia di azzerare uno dei pochissimi vantaggi di questa nuova Spal.
Meglio ricordare alcune cose sfuggite troppo presto. Dopo il fallimento di un campionato fa si è voltato pagina mettendo in campo, e in organico, una vera rivoluzione. Una squadra intera è partita, una nuova è arrivata. Tanti giocatori esperti sono andati, altrettanti ragazzini sono venuti. Nuovi anche il tecnico, i preparatori e crediamo che le novità societarie non siano ancora finite. In una parola: avete presente la Spal dello scorso torneo? Ecco, questa non c’entra una mazza. Si è scelto di ripartire da zero, non ultimo per l’aspetto economico. Certe spese, ha detto forte e chiaro il Presidente Butelli, non potranno più essere sostenute anche perché non sono nemmeno garanzia di successo. Normale rimanerci male, sacrosanto rimandare i sogni di gloria, ma così è stato ed è. Si è scelto di ripartire da zero, o quasi, con un progetto triennale. Tanti giovani, appunto, da far crescere con calma per una Spal da aggiustare, anno dopo anno, con qualche pedina utile a costruire una squadra per vincere tra un po’, non oggi.
E allora ecco che un pareggio in Coppa Italia Lega Pro può evidenziare, come è giusto che sia, dove gli uomini di Vecchi sono più indietro, quanto c’è da lavorare ancora, chi fa più fatica eccetera eccetera. Quello che, invece, è meno comprensibile sono le circumnavigazioni attorno a quello che potrebbe essere e non è, ai ritorni al supermarket degli esperti, a un’ennesima raccolta delle figurine. Servirebbe un esperto un difesa, un vecchio marpione a centrocampo, una seconda punta di categoria… tutti pareri, va ribadito, interessanti e leciti ma lontano dalla realtà. Che è diversa, se non opposta. Quest’anno si riparte da zero, si (ri)gioca per una salvezza tranquilla, per far diventare giocatori ragazzi di buona prospettiva e di futuro mercato. Non ci saranno tre nuovi acquisti perché la rosa, per i programmi attuali, va bene così. Arriverà un centrocampista per incrementare il reparto maggiormente in difficoltà numerica, e salvo colpi di scena basta così. Di giocatori in rosa ce ne sono fin troppi. Con i tre rinforzi “ventilati” in ogni singola analisi che ci arriva via mail, magari si potrebbe ambire anche a un posto nei playoff ma verrebbe, in un colpo solo, cancellata la base di questo nuovo corso meno ambizioso ma duraturo.
Si sa che siamo un popolo di navigatori, santi e soprattutto allenatori ma è tempo perso imitare quella marea di procuratori che, anche in queste ore, propongono alla Spal disoccupati più o meno di lusso. Gli errori sono già stati fatti in passato e guai a ripeterli. Ha ragione l’allenatore, Vecchi, che di sicuro non è un tenero. Ci vuole pazienza e tanto lavoro. Aggiungiamo noi che ci vuole anche il sostegno che contro il Treviso ai ragazzi biancazzurri non è mancato. La Spal di oggi è questa. E questa resterà, in linea di massima. Sognare si può, anzi si deve, a patto di non guardare solamente al calciomercato (che sia maledetto come la tessera del tifoso) come rimedio. Il rimedio è uno soltanto. Lavorare, lavorare e ancora lavorare. Che è un po’ come resistere, resistere, resistere. E, a proposito di resistenza, personalmente non spreco più di due righe per commentare l’ultima follia di questo calcio costruito ad arte per succhiare risorse e svilire la passione. Vietare ai non residenti in Emilia Romagna una partita inutile come quella di ieri sera non è nemmeno sciocco, assurdo, incomprensibile. E’ solamente, si fa per dire, folle e da burocrati manichini non pensanti. Decisioni che non si limitano a rovinare una serata di divertimento ma provvedimenti, gli ennesimi, che spingono la gente comune a una ribellione che se si va avanti così rischia di essere inevitabile e non fatta di parole, parole, soltanto parole.

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