Massimo Albiero, un grande professionista con un passato in serie A e in Nazionale Under 21, ora allenatore degli Allievi Regionali della Spal.
“Sì, ricordo sempre con piacere la mia carriera da calciatore; è stata bellissima. Anche perché ho cominciato alla Spal e ho finito qui. Sono stato otto anni a Como, poi ad Avellino e a Padova. Ho girato un po’, diciamo. Quattro anni fa sono tornato qui a Ferrara, a casa. E mi trovo benissimo, nonostante il momento difficile della società”.
Quali sono i ricordi più belli della sua carriera?
“I momenti più emozionati della mia carriera sono stati sicuramente gli esordi. Il mio esordio in serie A con il Como contro la Fiorentina, a Firenze. E il mio esordio con la nazionale Under 21 contro la Russia, sempre all’Artemio Franchi di Firenze. In quei Campionati Europei in cui arrivammo terzi”.
Come si trova ad allenare gli Allievi della Spal?
“Sono tornato a Ferrara da quattro anni con gli Allievi, e mi trovo molto bene. Ho allenato anche altre categorie, con ragazzi più grandi. Ma mi piace molto di più lavorare con gli Allievi; mi sento più portato a insegnare il calcio piuttosto che a dirigere una squadra. E a questa età i ragazzi sono molto smaliziati e hanno più voglia di imparare. Non seguo nemmeno molto il nostro andamento in classifica, tanto per dire. Il mio obiettivo è proprio quello di insegnare a giocare e cercare di farli crescere. Sono contento infatti che l’anno prossimo faremo un campionato nazionale, credo che sarà per loro un’ulteriore esperienza”.
Quali sono le soddisfazioni più grandi che le ha dato o le sta dando questo mestiere?
“Beh, il bello di questo mestiere è che puoi vedere i ragazzi crescere. Li vedi migliorare e trasformarsi in calciatori. Le più grandi soddisfazioni quindi le ho quando vedo uno dei miei approdare in prima squadra e iniziare il suo percorso professionistico. Questa è sicuramente la soddisfazione più grande”.
Cosa cerca di mettere della sua grande esperienza calcistica nel suo ruolo di “maestro”?
“Ciò che dico sempre è che la cosa che più conta è la testa. Quando arrivai alla Spal da Adria, avevo quattordici anni, non era il più forte, né il migliore. Ma ero sicuramente quello che si applicava di più e ci metteva più impegno e serietà. Che faceva più sacrifici. Credo che sia questo l’unico modo per andare avanti, nel calcio come nella vita. Ed è questo che cerco di insegnare ai ragazzi”.
Tornando alla Spal, cosa ne pensa dell’attuale situazione societaria?
“Beh, ci sono sicuramente dei grossi problemi. Speriamo si risolvano in fretta, perché ne risente poi tutto l’ambiente. Sento però che molti si interrogano su quanto questi problemi siano la causa del cattivo andamento della squadra in campionato. Personalmente credo che questa situazione influisca abbastanza a livello psicologico. Ma penso anche che non possa essere un alibi. A me non è mai successo nulla del genere; ma posso immaginare che non ricevere lo stipendio da mesi e mesi non sia affatto piacevole, anzi… Un giocatore però ha sempre il dovere di fare il massimo quando scende in campo la domenica. E non solo, o non tanto per l’onore o per amore della maglia; ma semplicemente perché è nel suo interesse che le cose non volgano al peggio, e che la società si salvi comunque in qualche modo. Per non parlare dei giovani poi, che sanno bene che in tribuna a osservarli ci sono delegati di altre squadre, anche di serie maggiori, e che quindi hanno tutto l’interesse a mettersi in mostra nel migliore dei modi. Credo quindi che nei brutti risultati ci sia, o dovrebbe esserci, qualcos’altro come spiegazione. Detto questo però torno a ripetere che trovo il momento attuale molto triste per tutti, e spero che in qualche modo si risolva al più presto”.