I RICORDI IMPERDIBILI DI GIORGIO CHIARI, MOLTO PIU’ DI UN MASSAGGIATORE CHE HA COMINCIATO CON MAZZA E ORA LAVORA PER IL SETTORE GIOVANILE. UN’INTERVISTA TUTTA DA LEGGERE E RICORDARE

Di solito questa rubrica nata con l’inizio della stagione in corso non la commentiamo e non la facciamo precedere da presentazioni o commenti. Questa volta, però, facciamo un’eccezione. In pochi, chi scrive in primis, conoscono Giorgio Chiari, ora masso fisioterapista del Settore Giovanile spallino. Ammetto l’ignoranza ma invito i nostri lettori a non perdersi questa bellissima intervista. Merito del nostro giornalista, certo, ma merito soprattutto di questo signore che ha cominciato a lavorare per la Spal quando il Presidente era Paolo Mazza. E di lui, di quella Spal, di quel Centro di via Copparo, racconta cose bellissime, molte delle quali inedite, che in qiorni o mesi di difficoltà societarie da un lato spezzano il cuore ma dall’altro spiegano l’amore gigante che uno spallino qualsiasi può avere per la sua Spal. Personalmente sono spesso contrario a parlare o scrivere del bianco e dell’azzurro guardando al passato e a un’epoca calcistica e spallina che, purtroppo, difficilmente si potrà rivivere. Ma i ricordi e gli aneddoti di Giorgio Chiari – che ringrazio davvero – sono troppo belli e dopo averli letti resteranno indelebili. Pubblichiamo proprio oggi questa intervista con la speranza che sia anche di buon augurio in questi giorni decisivi per il passaggio di società. et

Qual è la sua qualifica?
“Io sono masso fisioterapista nel Settore giovanile. Cioè ho fatto prima il corso da massaggiatore sportivo, e poi, dopo un corso specifico, ho acquisito anche la qualifica di fisioterapista”.

Ci racconta il suo arrivo alla Spal?
“Ho iniziato con gli Allievi regionali nella stagione 1961/62. C’era il Presidente Mazza, e con i ragazzi si giocava al motovelodromo e a Francolino. Poi è stato inaugurato questo Centro, qui in via Copparo. Quando arrivai fui presentato a Filippini e Guzzinati, che erano i massaggiatori della prima squadra. Mi accolsero molto calorosamente. Mi diedero tutto l’equipaggiamento necessario, e come abbigliamento di rappresentanza Filippini mi girò un paio di suoi pantaloni della squadra. Erano di seconda mano, fatti di quella lanina pruriginosa che andava allora e, nonostante fossero stati lavati, continuavano a odorare molto di olio canforato, quello per i massaggi. Non erano certo all’ultima moda, ma sopra avevano bella vistosa la scritta “Spal”. E, anche se può sembrare retorico, riceverli e indossarli per me è stato un grande onore”.

E’ sempre stato qui?
“No. Dopo quel primo periodo ho girato moltissime squadre. Bondenese, Copparese e Sant’Agostino, per dirne alcune. Sono stato anche alla Giacomense, dal ‘97 al ‘99. Poi, nel 2009, Orlandini mi ha cercato. Non mi pareva vero di tornare alla Spal, e adesso sono contento di essere di nuovo qui, forse a chiudere la mia carriera”.

Tornando alla Spal dei suoi primi anni, le è capitato anche di lavorare con gente della prima squadra di serie A?
“Sì, diverse volte. La prima gamba da massima serie che ho massaggiato era di Oscar Massei. Che poi conoscevo già dalle giovanili. E’ stato una domenica mattina, e non sapevo fare bene. All’epoca ero ancora infermiere all’ospedale, e per iniziare mi mostravano tutto Filippini e Guzzinati. Poco dopo avrei fatto il corso professionale, e da lì sono stato massaggiatore sportivo a tutti gli effetti. E poi, come ho detto, dopo un altro approfondimento diventai anche fisioterapista”.

Chi ha conosciuto in quel periodo?
“Beh, ho incontrato Bozzao, Pasetti (che conoscevo da tempo), Reja, Gambin, Pezzato, Capello, e altri. Io lavoravo con loro, nonostante fossi assegnato esclusivamente al Settore giovanile, perché la domenica mattina ero sempre qui al Centro a far qualcosa. E così, siccome mi conoscevano un po’ tutti, quando incontravo i giocatori, che all’epoca vivevano qui, mi fermavano sempre per chiedermi qualche massaggio. E finivo, di fatto, a dare una mano ai massaggiatori della prima squadra prima delle partite. Ma lo facevo con piacere”.

Che ricordi ha della serie A?
“Era una cosa incredibile viverla qui a Ferrara. Mi ricordo che con i ragazzini facevamo dei piccoli match prepartita, per aprire il pomeriggio allo stadio prima dell’incontro ufficiale. Una domenica c’era Spal-Inter. Imboccammo, come sempre, il tunnel che porta al campo, e quando risalimmo mi trovai davanti allo stadio completamente gremito. Nelle partite più importanti era veramente tutto pieno, e molta gente rimaneva anche fuori. Uno spettacolo incredibile. Poi abbassai lo sguardo e vidi che in campo c’era, da solo, Helenio Herrera, che controllava il terreno e contava in passi le misure dell’area e la lunghezza del campo. Poi c’è da raccontare anche un’altra cosa. Può sembrare un paradosso, ma allo stadio della Spal, in quegli anni io diventai anche un po’ milanista. Successe quando vidi giocare Rivera. Fu una cosa incredibile. Aveva una tecnica e un’intelligenza eccezionali. Tutto il Milan esprimeva un bel gioco. Fu proprio emozionante. E da allora, nonostante al primo posto per me ci sia sempre e comunque la Spal, simpatizzo anche per il Milan”.

Com’era in quegli anni il Centro di via Copparo?
“Molto diverso. C’era il dormitorio, dove abitavano tutti gli atleti che Mazza trovava in giro e portava a Ferrara. Specie dal Friuli. Poi c’era la mensa, con un cuoco sempre a disposizione. Questo era un luogo nuovo, all’avanguardia. Un posto d’eccellenza per il calcio italiano. Era degno di una squadra importante come la Spal. Che all’epoca era come dire Milan o Juventus. Era un posto rinomato, come Milanello o Villar Perosa. C’era anche gente che veniva da fuori per vederlo. Ed era costato bei soldi per quei tempi. E qui potevi incontrare il Presidente. Lui c’era sempre, quasi tutti i giorni, sia per la prima squadra sia per le giovanili. Lo vedevi girovagare con le mani dietro alla schiena, passeggiava a bordo campo durante gli allenamenti e si guardava sempre in giro. Scrutava la gente che arrivava, e ogni tanto chiedeva: “chi el quel lì?”, “al cgnosat quel là?”. E c’era anche quando questi campi sono stati costruiti. Lui era un uomo di campagna, una persona pratica, e più di una volta si è tirato su le maniche e si è messo a dirigere i lavori da vicino, senza paura di sporcarsi le scarpe. Amava veramente la Spal. Ci era affezionato. Pensa che tra i vari terreni suoi ce n’era anche uno, mi pare vicino a Copparo, che aveva fatto recintare usando dei paletti alternati bianchi e azzurri”.

Che persona era Paolo Mazza?
“Era un grande uomo. La Spal lui l’aveva presa che era niente, e l’ha restituita a Ferrara come un gioiello. Questo è un fatto. Il suo errore è stato quello di non aver lasciato un vero erede al suo posto. Un discepolo che negli anni dopo di lui avesse potuto continuare. Era un decisionista, e forse un solitario. Questa è stata una delle ragioni della sua bravura, ma anche il motivo per cui non è riuscito a passare il testimone a nessuno. Aveva tanti collaboratori, gente capace e di cui si fidava, ma nessuno è diventato un suo “alunno”.

C’è un aneddoto divertente che può raccontarci sul Presidente Mazza?
“Di aneddoti su Mazza ce ne sono diversi. Ad esempio, per dirne uno simpatico, mi ricordo che d’inverno, per evitare che i giocatori si ammalassero, entrava negli spogliatoi a sorpresa e controllava che tutti portassero i mutandoni lunghi di lana. E multava chi non li aveva”.

Cosa vorrebbe vedere nel futuro di questa squadra?
“Beh, banalmente mi piacerebbe che la squadra tornasse allo splendore dei suoi anni d’oro. Però, forse anche di più, mi piacerebbe vedere la città appassionarsi di nuovo alla Spal. Bisognerebbe fare qualcosa per portare più gente allo stadio. Anche cose pratiche, come migliorare i parcheggi in zona, o più campagne abbonamenti promozionali. E poi sarebbe bello vedere i ragazzi, specie i più giovani, che invece delle grandi squadre tifano Spal”.

Cosa pensa dell’attuale presidenza e della situazione societaria?
“La situazione sicuramente non è bella, e spero che si trovi una soluzione al più presto. Il presidente qui non si vede da un po’, e questo è uno dei motivi delle proteste di questi giorni. Certo non è un grande atteggiamento. Però l’ultima volta che ho visto Butelli mi è sembrato abbastanza affranto da tutta la questione, e molto frustrato dal fatto di non potervi porre rimedio subito. Credo che sia una buona persona, senza cattive intenzioni, e non me la sento di giudicare il suo attaccamento alla squadra. Mi limito a sperare che ogni problema si risolva nel migliore di modi, per il bene di dipendenti, tifosi e del nome della nostra Spal”.

 

 

 

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