ANEDDOTI, RICORDI E ROMANESCO… IL SALUTO DI FABRIZIO MELARA: GRAZIE A TUTTI PER AVERMI FATTO SENTIRE UNO DI VOI, DA SPAL

Fabrizio Melara da pochi giorni è il nuovo numero sette della Reggina. L’ultimo giorno di mercato, per esigenze di bilancio, come si suol dire, il ventiseienne ex Primavera della Lazio è stato sacrificato dall’ormai ex diggì Bortolo Pozzi. Ha salutato un po’ di fretta il Castello Estense, doveva partire per Reggio Calabria direttamente dall’Ata Quark Hotel di Milano addirittura lunedì 30 ma, per colpa di un cavillo burocratico (la firma del patron Butelli), la trattativa non si è immediatamente conclusa. Tutto rinviato? Sì, ma di appena una decina di ore, per sua fortuna. Perché il martedì, l’ala di Santa Marinella, ha potuto finalmente coronare il proprio sogno: il meritatissimo passaggio in serie B. Pubblichiamo questa intervista, a volte semiseria e scanzonata proprio come il personaggio in questione, che vuole essere il suo personale saluto a una squadra, una tifoseria e soprattutto una città che, come ci ha detto, porterà per sempre nel suo cuore. 
Affabrì, nun te stancà e cori forte forte anche sullo Stretto… perché neanche noi ti dimenticheremo.

Fabrizio, mille chilometri più a sud adesso, è il caso di dire, per te splende davvero il sole.
“Sì, intanto però mi moje e mi fijo so bloccati a Ferrara dalla neve (ride)! Ho affittato de tutto, nun me parte gnente! Nun me volevate proprio fa annà via, eh? Scherzi a parte, questa è la mia grande occasione, non potevo non acchiapparla al volo. Certi treni non sai mai quando ti ricapitano in una carriera che, come ben sai, non è eterna. Da adesso faccio parte di una società che fino a tre anni fa era in serie A, non so se mi spiego. Mi metterò a disposizione di mister Gregucci con la stessa umiltà con cui mi sono sempre rapportato a mister Notaristefano, mister Remondina e mister Vecchi lì a Ferrara. Conto di conquistarmi quello spazio per giocare e pe’ core da bandierina a bandierina come so fare io”.

Umori, sensazioni, pensieri a caldo e a freddo: il tuo primo e il tuo ultimo giorno al Centro, ce li descrivi?
“Sono arrivato a Ferrara con grande voglia di mettermi in mostra. Ho sempre detto che lì c’è tutto per fare calcio, non manca niente e personalmente non mi è mai mancato nulla, davvero, anche nei momenti più difficili. Ricordo l’entusiasmo del primo giorno, l’aver ritrovato il “Fofa” (Fofana n.d.r) che era con me alla Pro Patria, ricordo le aspettative, i sogni di quello spogliatoio, di una città che ci ha sempre sostenuto e accompagnato nelle battaglie più difficili. Mi resta davanti agli occhi quella bella, bellissima classifica del Natale di due anni fa, prima del crollo, purtroppo, incredibile nel girone di ritorno. Dell’ultimo giorno ricordo che sono arrivato come sempre al campo alle due e mezza, ho scambiato due chiacchiere col mister, ho chiesto se dovevo spogliarmi per fare allenamento perché fino a prova contraria ero ancora un calciatore della Spal e poi, beh è arrivata la telefonata giusta, quella che spero possa dare un senso alla mia carriera. A quel punto ho capito che era arrivato anche il momento degli abbracci dei compagni, degli in bocca al lupo, delle pacche sulle spalle. Sono andato a Bologna. Ho preso l’aereo per Reggio Calabria ma invece mi son dovuto fermare a Roma la notte per la neve! So proprio sfigato, sta B nun me venite a dì che nun l’ho sudata eh! (ride). Ho fatto tutto di fretta, perché anche se gli addii o gli arrivederci fanno parte del nostro mondo, ammetto che stavolta non è stato così facile. Ho lasciato una famiglia, eravamo, anzi siamo e penso saremo uniti per sempre. Li sento e li sentirò ancora, tutti, ovviamente. Grazie anche a loro”.

Torniamo alla trattativa. Quando hai saputo dell’interessamento degli amaranto?
“Per qualcuno saperlo a cinque giorni dalla chiusura del mercato forse è troppo tardi, per me invece è stato fin troppo presto: sono scaramantico per natura, finché non vedo il nero su bianco non ci credo. Ti fai pensieri, ti vedi lontano, una marea di sensazioni strane con una partita fondamentale contro la Tritium ancora da giocare. Mi sono chiuso nel mio guscio, ho fatto quadrato dentro di me, sono stato con la mia famiglia, il sabato sera l’ho passato a riflettere e tanto, perché in fondo sapevo che quella del giorno dopo sarebbe stata l’ultima partita con la maglia della Spal e sarebbe stato il giorno in cui per l’ultima volta avrei salito le scalette del “Mazza”. Avevo tutte le intenzioni di fare bene e magari de portarme a casa n’artro pollicione (il premio Golden Boy n.d.r) da mette come soprammobile a casa, te giuro che stanno tutti qua, in fila, ma nun ce so riuscito, Arma m’ha fregato (ride)! Spero di aver lasciato un buon ricordo, seriamente. A Ferrara ho voluto tanto bene e mi sono sentito voler bene, come a casa mia”.

Il tuo saluto alla “Campione” poi, è stato inequivocabile.
“In questi mesi ho imparato a conoscere a fondo l’amore che questa gente ha per questi colori. I tifosi ci sono sempre stati accanto con quella passione che ogni giocatore vorrebbe sentire la domenica quando scende sul campo di battaglia. Non dimenticherò mai il calore commovente di quei ragazzi in curva durante la partita contro il Foggia nove contro undici, mai potrò scordarmi il coro che mi hanno dedicato domenica scorsa quando ho alzato le mani per dirgli arrivederci: sì, perché per me questo è un arrivederci, io ci conto di ritrovarvi in B, presto. Hanno ragione quando dicono che un pezzo di Spal è loro. Si  meritano un bel regalo come la categoria superiore. E quel giorno, quando ci rivedremo, sarà bellissimo, già lo so, ritrovare la curva che sento, adesso, scusate, un pochino mia. Quindi vedete un po’ de darve da fa che nun posso giocà ancora per altri ventanni eh, c’ho na certa età, io, mica si scherza (ride)!”.

A chi hai fatto la prima telefonata quando hai saputo che la trattativa era andata a buon fine?
“A nessuno, la mia famiglia era con me e l’ha vissuta in diretta. Sono momenti concitati, devi sbrigarti, fare tutto in fretta, la valigia, oddio ho preso tutto no, boh, che me manca ma che ne so, ma chemmefrega pure a Reggio ce stanno i negozi, insomma le solite cose, perché in cinque minuti ti cambia il mondo e non solo i colori di una maglietta. Ti senti sballottato proprio. Poi avevo un pensiero, quello di partire, appunto, e soprattutto di arrivare a Reggio Calabria: nun volevo arrivà lungo proprio il primo giorno, magari, ho pensato, cambiano pure idea e nun me vojono più (ride)”.

Qualche aneddoto ce lo racconti? Qualche episodio con i tuoi compagni in questi mesi. Non vogliamo sapere quello che succedeva nella stanza dei bottoni, ma qualcosa di divertente, ecco, magari sì.
Chettedevodì? Nun ve dico proprio niente a voi de LoSpallino punto comme. Manco sotto tortura ti direi le cose brutte, lo sai, faccio fatica pure a dirti quelle belle! Non so, negli ultimi giorni ad esempio… ero in magazzino con Giovanni Rossi dopo l’allenamento, io come sempre in vestaglia e lui lo vedo tutto intento a limare i tacchetti degli scarpini, me fa il magazziniere della situazione e intanto si vantava di aver frequentato un istituto tecnico in cui gli avevano insegnato a fare questi lavoretti. Così gli ho detto mentre mangiavo un’arancia a Giovà ma comme stai, te sei ridotto così male fijo mio? Ma nun devi giocà a pallone te da grande? Io ho sempre scherzato in quello spogliatoio, se i muri potessero parlare non sai le cazzate che sparavo. Ma anche in pullman o durante le trasferte era così, sono io così. Siamo persone fortunate a fare questo mestiere, abbiamo momenti difficili, per mesi ti può anche capitare di non vedere un euro ma lo spirito deve per forza essere sempre alto. Altrimenti si sprofonda e non ne esci più”.

Altro?
“Ancora? Non so con Livio (Zecchi n.d.r) ad esempio ho sempre avuto un rapporto di amore-odio nello stesso tempo (ride). Scherzo, anzi, lo saluto e lo abbraccio ancora pure da qui. L’ho fatto arrabbiare spesso, perché lui ha sempre avuto l’abitudine, anche giusta per certi versi e continuerà ad averla pure con gli altri, di portarci come esempio gli anni di “Paolo Mazza”. E allora io gli dicevo a Livio, so cinquant’anni che stai qua ma nun te vai a riposà un po’ a casa? E basta parlà sempre de Paolo Mazza, amo capito che era un genio, ma se semo più scarsi noi, che dobbiamo fa? Così ce fai solo rosicà! E poi…”.

Prego, continua pure.
“Poi c’è il tuo Direttore che, come ben saprai, manda messaggini a tutta la squadra, staff compreso prima e dopo la partita, un peccato non li mandasse anche all’intervallo, sarebbe stato il top (ride)! Quando arrivavano i suoi messaggi io ero quello che li leggeva davanti a tutti, in piedi, a pranzo, a voce alta. Non sai quante risate ci siamo sempre fatti a leggere certe cose che scriveva e che nun se ponno dì. Persino ieri me ne è arrivato uno così e gli ho risposto: Enrì, con tutto il bene che te vojo e vojo alla Spal ma te ricordo che io adesso gioco nella Reggina! Si è subito scusato, ma sono cose che fanno capire quanto affetto e quanto attaccamento ci sia alla Spal da parte di tutti i ferraresi. Continuate così, seminate questo affetto smisurato per la vostra squadra. Prima o poi la ruota gira”.

Domanda trabocchetto. Che ha fatto la Spal oggi?
“Come la Reggina, me l’hanno rinviata! Ma mica me so rincitrullito così in du giorni eh! Ma chettecredi?”

Finiamola con questa intervista semiseria! E’ arrivato il momento dei saluti, quelli veri però.
“Mi sa di sì. E’ arrivato il momento. Beh, grazie a tutti, grazie della vostra pazienza infinita, della vostra amicizia vera e leale di ogni giorno, del rispetto che avete sempre avuto per me anche quando in campo ci andava il mio gemello, quello che manco ha mai giocato al calcio e non rendeva, mannaggia a lui, per quello che era stato preso. Grazie per avermi fatto sentire uno di voi, grazie per quel coro che risentirò dentro di me ogni volta che sarò in difficoltà e so già che mi tirerà su. Grazie a Canzio, Elena, Marinella, Franco, grazie alla città di Ferrara, alla Spal, perché senza, oggi, io non sarei qui. Vi abbraccio forte”.

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