FANTASMI SI AGGIRANO SU FERRARA. SONO QUELLI CHE TIFANO E LAVORANO PER IL FALLIMENTO E I COSIDDETTI MILANESI CHE NESSUNO CONOSCE. E A RISCHIARE SONO SOLTANTO I DIPENDENTI E I CREDITORI

Non è la prima volta che affronto la questione ma ci riprovo perché i sordi, manco a dirlo, non ci sentono e l’aria che tira è gelata e non per le condizioni del tempo. Non credo, lo scrivo seriamente, che ci sia alcun ferrarese che tifi o abbia tifato per il gruppo di Santarelli semplicemente perché del finanziere romano si sa nulla o quasi se non quello che raccontano i tifosi del Messina e non si tratta certo di complimenti. Però – e sarebbe semmai il caso di chiedersi perché – nessun altro, ripeto: nessun altro è finora uscito allo scoperto e ha manifestato pubblicamente l’interesse per rilevare la Società Polisportiva Ar et Labor. Si parla e si scrive, anche sul nostro sito sia chiaro, da più di un mese di questi fantomatici imprenditori milanesi. Ma nessuno sa chi siano, che cosa facciano, quanto abbiano offerto – ammesso che un’offerta vera l’abbiano presentata – di che cosa si occupino, di quali idee ed esperienze abbiano e nemmeno di dove siano esattamente. Eppure persino adesso che la trattativa tra Santarelli e Butelli è stata chiusa da una sorta di preliminare davanti a commercialisti e avvocati e notai, in attesa di diventare ufficiale per ovvi (almeno a chi scrive) motivi, vedi istanza di fallimento di Schena, continuano a girare notizie sui milanesi che presto finiranno ricercati da “Chi l’ha visto?” e da Federica Sciarelli. Domani, si dice e scrive ancora (!), potrebbe arrivare l’offerta dei soliti milanesi. Ma dài, veramente? E arriva proprio adesso che Butelli ha dato le deleghe operative a Santarelli e soci. Scusate la volgarità: ma che cazzo arriva a fare ora? E perché mai Renato Schena che giustamente mira ad avere i soldi che gli spettano dovrebbe far fallire la Spal anche se gli saranno garantiti quei soldi? Sono, secondo me, tutte domande retoriche. Ma non qui, inj questo contesto cioè, e non per tutti.
Spero ovviamente di sbagliarmi ma è una sensazione personale, la mia, e ormai vecchia. Siamo sicuri che per motivi che scopriremo soltanto vivendo non ci sia qualcuno che abbia interesse a far fallire la Spal? Io credo che non si debba affatto essere sicuri e ai signori che tifano e lavorano (anche in queste ore) per arrivare a tanto, o a poco secondo me, consiglierei di fare bene i conti e di spiegare pubblicamente i motivi di questa scelta. Chi glielo dice, poi, ai giocatori, ai tecnici, ai dipendenti che devono avere i loro soldi che invece non vedranno una mazza se la Spal fallirà? Chi se la prende questa responsabilità? Capisco, a fatica e si fa per dire, quei tifosi esausti e delusi che oggi dicono che “tutto sommato è meglio fallire e ricominciare”. Non condivido affatto ma è un ragionamento figlio, ripeto, dell’esasperazione, della delusione, dell’incertezza. Non capisco e, anzi, condanno moralmente, chi più o meno coscientemente lavora per far fallire una società come la Spal soltanto per evitare che passi ai cosiddetti “romani” o, peggio, che non vada nelle mani considerate “giuste” perché si tratta di amici o amici degli amici. La Spal va salvata, almeno su questo non ci devono essere dubbi. E siccome Cesare Butelli ha tutti i difetti del mondo ma scemo  non è se ha deciso di vendere perché non aveva altra scelta e ha deciso di considerare attendibile l’acquirente Santarelli cautelandosi davanti a professionisti della madonna sarà prima di tutto Butelli a risponderne e poi Santarelli a rendere conto delle cose che farà o non farà. E nessuno gli farà sconti vista l’esasperazione di cui sopra. Ma la confusione di questi giorni, per me assurda visto lo stato delle cose, rischia di fare molto male alla Spal e quindi a tutte quelle persone che hanno il bianco azzurro nel cuore e in questi giorni sono rimaste appesi alle notizie societarie come a una bombola di ossigeno.
Occhio, insisto, perché il fallimento sarebbe una sciagura dalla quale diventerebbe impossibile riprendersi. Lo scrivo io che da sempre difendo e sostengo Cesare Butelli e con caparbietà-incoscienza-imbecillità o chiamatela come volete continuo a chiamarlo Ave e a credere che avesse tutte le carte in regola per entrare nella storia della Spal. Il fatto che un giorno possa esserci qualcuno, oltre a chi scrive, che rimpiangerà Butelli è un “rischio” garantito sempre secondo me. Ma non per questo, per il bene della Spal, si può star qui a far confusione, a tifare contro tizio o caio o invocare i fantasmi mai manifestati finora. In queste ore i lettori più attenti saranno rimasti colpiti da quelle che sembrano strane e inedite alleanze. Lo sono anch’io, poi ognuno si fa le idee che vuole. Ma guai tifare per il fallimento anche se fosse soltanto per un (buon) motivo. Dare a chi ha dei conti aperti con la società quello che gli spetta. Cioè soldi mai presi ma guadagnati e meritati. Ecco un buon motivo, scrivevo, ma non è certo l’unico, per evitare il fallimento e restare a guardare quello che succede sperando semplicemente che i compratori facciano le cose per bene e ottemperino a tutti gli obblighi nei modi e nelle scadenze previste. Il fallimento, peraltro, c’è già stato e hanno visto tutti che cosa e dove ha portato. E allora, ripeto per l’ultima volta, almeno in questa circostanza, altre due domande che sarebbero (condizionale) retoriche ma evidentemente è meglio spiegare a tutti qual è l’ennesimo rischio. Uno: dove erano quelli che oggi tifano per il fallimento tre mesi fa quando bastava poco per dare una mano alla Spal (non a Butelli)? Due: gli stessi andranno a spiegare a creditori, quasi tutti locali, a giocatori, ad allenatori, a preparatori, agli impiegati, insomma ai dipendenti tutti che a rimetterci saranno proprio loro e non i dirigenti? Ultima cosa. Volete rivivere quei momenti del fallimento e quegli anni di C2? Fate pure ma tifate per il Portogruaro, però.

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