SALVATORI SALUTA FERRARA: UNA CITTA’ MERAVIGLIOSA CHE NON HA SAPUTO FARE ABBASTANZA

Nazzareno Salvatori è stato uno dei pezzi “pregiati” dello staff spallino della scorsa stagione. Un preparatore atletico dalla carriera importante, di competenza elevata e internazionale. Ma soprattutto un personaggio deciso. Dalle opinioni nette. Abbiamo raccolto in questa intervista il suo punto di vista personale sui fatti e le persone che hanno segnato la sua prima e unica stagione a Ferrara.

Nazzareno Salvatori è il nuovo preparatore atletico della Salernitana. Come sta andando questa sua nuova avventura?
“Abbiamo iniziato da pochissimo. Adesso siamo in ritiro a Nocera Umbra. Per il momento sta andando tutto bene. La Salernitana è una società importante, diretta da gente di spessore come Lotito e Mezzaroma. Ci sono grandi progetti per i prossimi anni. Voglia di tornare al più presto nel calcio che conta. In serie B. E anche più su, negli anni. Per il momento però stiamo aspettando di sapere se questa stagione saremo in prima o seconda divisione. Dipende dall’esito dei ripescaggi”.

Parliamo della Spal. Cosa pensa delle mancata iscrizione ai professionisti?
“E’ stato un ulteriore schiaffo a noi che abbiamo vissuto questa stagione. E anche per la città, che dopo tante promesse si è ritrovata a non avere più una squadra nel calcio che conta”.

Di chi è la colpa?
“Sinceramente non so se tutte le colpe siamo esclusivamente della proprietà. Perché se ci fosse stata effettivamente una forza economica ferrarese che si fosse offerta di venire in aiuto credo che il presidente avrebbe accettato e si sarebbe potuto benissimo salvare il tutto. Non credo che lui si sia voluto dare la zappa sui piedi. Se non è riuscito a salvare la squadra forse è perché non c’erano poi tutte queste opzioni percorribili. In questi giorni leggo della nuova Real Spal e del nuovo gruppo dirigente che subentrerà. Io auguro un in bocca al lupo a loro e alla città, sperando che abbia finalmente trovato qualcuno che riesca a fare calcio in maniera soddisfacente. Anche se onestamente questa nuova dirigenza non mi sembra che in passato abbia fatto grandi cose nel mondo del calcio”.

Quindi, secondo lei Ferrara non ha fatto abbastanza per salvare la Spal aiutando Butelli?
“Secondo me no. Il Presidente ha dichiarato più di una volta di non avere la forza di continuare da solo. Se in quella situazione avesse avuto proposte reali e concrete da parte di ferraresi penso proprio che le avrebbe accettate”.

Che colpe ha Butelli?
“La colpa più grande che do a Butelli è quella di aver mancato di rispetto a tutti. Dallo staff tecnico a quello medico. Dai giocatori ai dipendenti. A tutti quanti. Lo ha fatto negandoci qualunque comunicazione e riempiendoci di promesse che poi non ha mantenuto per tutta la stagione”.

Perché lo spogliatoio non ha fatto niente con tutto quello che è successo?
“Io credo che lo spogliatoio dell’anno scorso potrebbe e dovrebbe passare alla storia. Perché eravamo diventati forti moralmente, tutti insieme. Talmente uniti e compatti che sembrava che le vicissitudini e le problematiche quotidiane quasi ci scivolassero addosso. E’ chiaro che i problemi con i padroni di casa, con i ristoratori eccetera sono fonte di difficoltà e disagio. Ma con una grande forza siamo riusciti a mettere tutto questo in secondo piano, e a riportare davanti il calcio. A pensare solo al campo e al lavoro sportivo che avevamo iniziato. Alla fine speravamo che tutto questo sacrificio sarebbe stato ricompensato con la salvezza. Ma anche in questo siamo stati delusi”.

Lei sarebbe rimasto alla Spal l’anno prossimo?
“Sinceramente sì. Io ero anche pronto a rimanere. Non ho questa chiusura mentale rispetto allo scendere di categoria. La città è meravigliosa. I ferraresi pure. Hanno un animo eccezionale. Gli elementi per continuare per me potevano esserci. E’ chiaro però che nel momento in cui salta tutto, e i piani per il futuro sono tutt’altro che chiari, conviene in un certo senso pensare un po’ a se stessi, alla propria professione e anche alla propria famiglia. Ho avuto, fortunatamente questa bella proposta da Salerno e l’ho accettata”.

Con la presidenza Butelli c’erano già progetti per la prossima stagione?
“Niente di ufficiale. C’erano delle intese. Dei discorsi che stavamo perfezionando in itinere. Ma poi tutto si è interrotto, ovviamente”.

Com’era il rapporto con il resto dello staff?
“Il rapporto si è cementato fin dall’inizio, grazie, purtroppo o per fortuna, anche alle difficoltà che da subito si sono presentate. Tanto per dire, ricordiamo che l’anno scorso abbiamo iniziato in ritiro senza medico… per fare un esempio. In generale c’erano tante falle che dovevamo tappare noi dello staff. E questo ci ha subito affiatati. Si può dire che in quel momento la squadra la portavamo avanti noi, assolvendo anche a compiti che non erano di nostra competenza, ma che però andavano fatti se si voleva procedere. Noi insieme al direttore. Che ci è stato molto vicino e ha vissuto anche lui queste problematiche”.

Che rapporto c’era con il direttore Pozzi?
“Mah, direi un ottimo rapporto. Molto franco e diretto, a mio giudizio. Ci siamo sempre guardati in faccia e detti quello che c’era e non c’era da fare. E’ solo che per quanto ci confrontassimo e lavorassimo, la coperta era sempre corta uguale. E il discorso alla fine rimane sempre quello: oggi il calcio non si può fare se non si hanno ingenti risorse finanziarie. Gli esempi di questo sono ovunque. Basti guardare quante squadre stanno saltando per aria in queste settimane. E da questo punto di vista è giusto che la Lega Pro faccia di più”.

In che senso?
“Nel senso che le stagioni che si svolgono così sono un dramma. Persone senza stipendio, che perdono il lavoro avendo famiglie a carico, squadre che prendono penalizzazioni pesanti che poi compromettono tutto il campionato. Non deve succedere. Io credo che lo sbarramento debba essere all’entrata; si dovrebbe essere ammessi a fare calcio a questi livelli solo se si può certificare di avere le possibilità di farlo”.

Qual era il ruolo di Pozzi? Ha delle colpe anche lui?
“Quello del direttore. Pozzi non metteva i soldi. Pozzi gestiva quello che gli veniva dato. Cioè quasi zero. Questo, ad esempio, è il motivo per cui noi siamo stati l’unica squadra che a gennaio non si è rinforzata”.

La cosa più bella della scorsa stagione?
“L’affetto di una parte della città. Sinceramente c’è stata una parte di città che è stata davvero troppo critica. Non dico che auspicasse il tracollo, ma in un certo senso sembrava che lo stesse aspettando. C’era gente che si era seduta sulla riva aspettando di veder passare il cadavere della Spal. Un’altra parte di città e di tifosi, invece, ci è sempre venuta dietro. Aiutandoci. Sostenendoci. Chiedendoci di non mollare. E ci è stato di grande supporto. Perché sul campo abbiamo tenuto duro fino alla fine. Perché comunque non abbiamo messo in mora la società, anche se ne avevamo il diritto. O meglio: qualcuno lo ha fatto, ma poi è comunque rimasto a lavorare fino alla fine”.

In che rapporti è rimasto con Stefano Vecchi?
“Ci sentiamo costantemente da quando è finito il campionato. Se ci fosse stata la possibilità avremmo continuato a lavorare insieme, anche con Brescia. Poi al SudTirol questa opzione non è stata accettata e quindi non si è fatto nulla. Ma i rapporti tra noi rimangono ottimi”.

E con Brescia?
“Beppe è un professionista disponibilissimo e molto competente. Ma soprattutto una grandissima persona. Davvero”.

In bocca al lupo per questo ambizioso progetto della Salernitana.
“Crepi! Sarà una partita intensa”.

C’è qualcosa che vuole dire per salutare?
“Sì. Vorrei salutare con grande simpatia e con un abbraccio sentito tutte le persone che ho conosciuto a Ferrara. Davvero ricorderò tutti in maniera importante nel mio cuore. E’ una grande città. Ed essere accettati in maniera così bella anche dopo la sconfitta è una cosa che non mi è capitata da altre parti. Mi dispiace che questa salvezza non sia arrivata. Perché magari poi, anche a livello societario qualcosa sarebbe potuto andare diversamente. In ogni caso Ferrara è una piazza molto importante, che però, se mi è permesso, dovrebbe imparare a vivere meno nel suo grande passato. La Serie A, Capello, Reja eccetera. Tutto questo va tenuto per quello che è, cioè ricordi. Bellissimi. E capire che oggi il calcio è un’altra cosa. Per essere grandi oggi, anzi, per tornare ad esserlo, servono prima di tutto risorse importanti. E va detto che nel momento in cui le difficoltà della società erano ormai conclamate nessun personaggio economicamente importante della città si è fatto davvero avanti per portare una soluzione. E, come ho detto, una parte di città non ha creato proprio un clima positivo intorno alla squadra”.

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