In attesa del suo ritorno in campo, Cristiano Scandolara si racconta

Com’è vedere la tua squadra in difficoltà e non poter fare nulla per aiutarla? Ne sa qualcosa Cristiano Scandolara costretto a vivere da fuori questo avvio di stagione deludente dei “neri”, a causa del grave infortunio che l’ha messo “fuori combattimento”, una protrusione lombare che gli è andata a intaccare i nervi, bloccandogli le gambe. Non è una bella sensazione, hai un’ansia incredibile, superiore a quando giochi, perché non puoi provare a risolvere le cose, ma limitarti a incitare i tuoi compagni dal bordo campo. Ed è ancora peggio quando sai di poter dare qualcosa, quando hai la consapevolezza di poter aiutare i tuoi compagni a risollevarsi, togliersi la polvere di dosso e riprendere in mano la situazione: “E’ sempre facile giudicare dall’esterno perché non si vive la pressione della partita. Ciò che da fuori può sembrare scontato o superficiale, può in realtà rivelarsi tutt’altro per i protagonisti in campo. Solo vivendo in prima persona certe situazioni si può comprendere a fondo quello che succede. E’ per questo che non vedo l’ora di riprendermi del tutto e di tornare in campo ad aiutare i miei compagni. Io non voglio limitarmi a dare suggerimenti, voglio poter essere un esempio per gli altri, e in questo modo aiutare la squadra”. Freme il laterale di calcio a 5, nato a San Valentino, in Brasile, il 25 luglio 1983, e non potrebbe essere altrimenti, considerando il fatto che è uno dei più esperti del Kaos e può essere di grande aiuto soprattutto per i più giovani. Scandolara inizia a calcare i parquet del futsal all’età di quattro anni e, contemporaneamente, pratica anche calcio a 11, come vuole la tipica cultura calcistica carioca: “In Brasile funziona diversamente rispetto all’Italia: qui i bambini iniziano con il calcio a 11 e quelli che non riescono a emergere passano al calcetto; nel mio paese invece tutti i bambini fin da piccoli portano avanti entrambe le discipline. Campioni come Ronaldinho, Neymar e tanti altri calciatori importanti sono cresciuti praticando anche calcio a 5. Poi arrivi a un momento in cui devi fare una scelta: c’è chi prova a inseguire un sogno, chi preferisce i soldi e la fama, chi è costretto a scegliere una strada perché non possiede i requisiti per affrontare l’altra.

Io ho scelto di continuare con il futsal, perché personalmente lo preferisco al calcio “normale”: è più dinamico e richiede una concentrazione maggiore, basta la minima distrazione per prendere un gol e in pochi secondi si può ribaltare un’intera partita. A 15 anni mi hanno offerto il primo contratto da professionista e così ho avuto la possibilità di esordire giovanissimo nella lega brasiliana. Poi a 19 anni mi sono trasferito in Italia, per giocare nel Gruppo Sportivo BNL di Roma”. Dopo la prima parentesi trascorsa nella capitale, ha vestito la maglia dell’Arzignano e della Marca Futsal, prima di approdare al Kaos. L’avventura italiana di Scandolara continua quindi ormai da 11 anni e l’asso brasiliano del Kaos si sente a tutti gli effetti parte del “bel paese”, non solo per il fatto di essere stato naturalizzato italiano: “Mi trovo benissimo in Italia, per me il vostro paese è diventato una seconda casa; anzi, sto talmente bene che quando terminerà la mia carriera calcistica penso proprio che rimarrò a vivere qui. Il Brasile mi manca, certo, mi mancano soprattutto gli amici e la famiglia, ma dopo tutti gli anni vissuti qua ho tantissimi legami anche in Italia, quindi andarmene sarebbe come lasciare una parte della mia vita”. Una famiglia l’ha trovata anche a Ferrara senza dubbio, il Kaos è una realtà che va ben oltre alle partite del sabato e agli allenamenti in palestra: “Sinceramente e umanamente parlando non conosco una squadra migliore della nostra, il Kaos vanta una società seria come ne ho viste poche in Italia. Tra giocatori siamo un gruppo molto coeso, c’è grande fiducia e rispetto tra tutti noi, mister e staff tecnico compresi. Siamo come fratelli, ci conosciamo tutti molto bene e un momento critico come questo fa ancora più dispiacere, perché le difficoltà non mettono a rischio la solidità del nostro legame, ma non fanno bene all’anima della squadra. Quando arriveranno le prime vittorie allora sì che lo spirito del gruppo arriverà al top. Non c’è emozione più bella di gioire con i tuoi “fratelli” per un traguardo raggiunto insieme”. Secondo il brasiliano le qualità per essere incisivi in questo campionato ci sono tutte, ma ancora in campo i “neri” non riescono a tirarle fuori: “I valori ci sono, di questo siamo tutti convinti perché ci conosciamo benissimo. Sulla carta siamo fortissimi, ma non importa, perché se poi in campo c’è un giocatore meno preparato di te tecnicamente, ma che corre il doppio, la differenza la fa lui. Quello che non funziona nella nostra squadra non c’entra né con la tecnica, né con la tattica: è tutta questione di spirito, manca la voglia, manca la fame.

Dalla prossima partita dobbiamo mettere in campo tutto quello che non abbiamo fatto vedere fino adesso: deve esserci assolutamente una svolta, se no diventa davvero dura. Proprio perché credo molto in ciò che ho appena detto, spero di recuperare la massima condizione al più presto, per poter lottare al fianco dei miei compagni se non dalla prossima, dalla partita dopo ancora”. Secondo Scandolara sono i giocatori il problema, o perlomeno la loro grinta che ancora purtroppo non si è fatta vedere: “Anche se ho apprezzato molto le dichiarazioni del mister dopo la partita di sabato, quando si è assunto tutte i demeriti del risultato, non sono d’accordo: l’allenatore si occupa della tecnica e degli insegnamenti tattici, ma dentro il campo ci andiamo noi a mettere in pratica quello che impariamo, quindi le responsabilità devono ricadere prima di tutto sulle nostre spalle”.  Auguriamo al giocatore dei “neri” di poter esordire il prima possibile per dare una mano ai suoi compagni, facendo finalmente esplodere tutta la fame e la voglia di partecipare che ha dovuto soffocare in queste prime settimane.

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