Ma quanta voglia aveva tutto il popolo spallino di esultare per una vittoria? Domanda retorica. E allora godiamocela tutti insieme. Ottimisti, pessimisti, gufi… contano soltanto questi fondamentali, importantissimi, difficili e non pronosticabili tre punti. Punti che pesano come un macigno in questa classifica ora molto meno di merda. Personalmente ci credo da sempre e ci credevo anche di più prima di giocare a Terni. Non poteva andar male perché, nonostante i pareri discordanti, già domenica scorsa segnali di ripresa si erano visti, eccome. Se non bastasse, l’aria che tirava in settimana dentro allo spogliatoio biancazzurro era di fiducia, di voglia di ricominciare, di farcela. A cominciare da Notaristefano per finire a Schena con il quale, sabato sera, alla faccia della scaramanzia, ci eravamo messaggiati questa nostra, solita speranza e pure qualcosa di più. Speranza che avevo condiviso anche con Zambo in chat, sempre sabato sera. Un dialogo, quello con il capitano, che se pubblicassi verremmo immediatamente arrestati entrambi per blasfemia acuta, ripetuta e all’ennesima potenza.
Scherzi a parte, fossi un giocatore – e a fine partita, infatti, lo scenario è stato questo – dedicherei agli immensi tifosi spallini che anche a Terni hanno risposto presente questa bella e importante vittoria. Lo meritano davvero anche perché il clima cittadino era tutto fuorché positivo. Ma non per loro, i soliti noti, quelli che parlano poco, ci credono molto e sdrammatizzano sempre. Quelli che comunque vada sarà un giorno di festa, una domenica da passare con gli amici che condividono la stessa, gigante, infinita passione. Quelli che erano a Terni ma anche quelli che erano a casa, di fronte a una radiolina o davanti a un computer perché la Spal si segue comunque, persino nei campionati come questo. Per non dire di quelli come un altro solitamente pessimista, nome in codice Geo, che invece stavolta ci credeva con le chiappe all’aria in una meravigliosa spiaggia brasiliana improvvisamente movimentata dall’urlo spallino del tifoso in vacanza.
Ma adesso che i tre punti sono finalmente ritornati il benessere è generale e i meriti pure. Penso all’amico Ave che non ne poteva più di prendere batoste e ritornando allo stadio proprio a Terni stavolta ci credeva parecchio, e penso a un altro amico, il Comandante, che di merda ne ha presa e mica poca senza batter ciglio e, anzi, tirandosela a sé per questioni di professionalità e poi a tutti gli altri, al mitico Renato (dopo Savonarola un giorno ci sarà lui a mo’di busto in mezzo a una piazza) e ai giocatori, uno dopo l’altro, fino allo staff tecnico. Una riga merita, a parte, Notaristefano il cui ottimismo fa bene alla depressione generale (sia chiaro esterna alla squadra) e il suo lavoro fa invece bene a un gruppo di giocatori spesso, ma prima, troppo brutti per essere veri. Il tecnico ci ha messo del suo tra idee, moduli, coraggio. Il resto l’ha fatto il gruppo, appunto, capitanato dal signor Marco Zamboni, anche domenica migliore in campo. Paradossalmente, proprio adesso che è arrivato il tanto, anzi troppo, atteso successo le cose che mi scappano da dire, o almeno quelle che si possono scrivere, sono meno del solito. In fondo noi spallini ottimisti serviamo di più quando le cose non vanno, quando la depressione regna sovrana. E allora anche noi ci teniamo questo tempo risparmiato alla scrittura per gioire dentro, ma anche fuori, per passare finalmente sette giorni di buoni pensieri, per tornare a crederci e per risistemare la scaramanzia che ieri si è consumata con una sciarpa d’annata dell’Astra legata al computer della Rai. Sciarpa che, ovviamente, da oggi riposerà tutte le notti nel cassetto di Saxa Rubra in attesa delle prossime domeniche. Siccome, però, ha ragione un amico che non cito soltanto perché è molto discreto quando sostiene che questo giorno di festa non poteva filare tutto liscio perché guai ad abituarci così bene, a noi amanti dell’Ars et Labor, la caduta del tifoso ferrarese ci ha lasciato un bel po’ in apprensione. Si è fatto male per acchiappare una maglia dei propri beniamini, il ragazzo che era a Terni. Un abbraccio sovietico a lui, un applauso alla sua passione vera e un grande vaffa a quelli, per dirla alla Malesani, che rompono i cojoni con la tessera del tifoso, e poi, alla voce sicurezza, rischiano di incrementare il già gigantesco e scandaloso numero delle morti sul lavoro lasciando un inutile fossato “a disposizione” degli utenti che in questo caso si chiamano tifosi. La vergogna, qui e non solo, non finisce mai.
Ultima cosa, ma non c’entra l’importanza in questo ordine cronologico. No, non mi sono dimenticato. Un po’ in ritardo ma questa è per te, Renzo. So che anche tu ci credevi e te la sei goduta fino in fondo. E siamo soltanto all’inizio. N’abraz.
P.s.: il giorno dopo tutte queste riflessioni personali, il lunedì cioè, è ancora meglio. Con un senso di vergogna e decisamente imbarazzato confesso di sentire qualcosa in comune per la prima volta in vita mia con il senatore Bossi, oggi. No, non è questione di virilità. E’ soltanto merito della Spal.