ESCLUSIVA LOSPALLINO.COM. “I MIEI PRIMI TRE ANNI SPALLINI”. TUTTA LA VERITA’ DEL PRESIDENTE CESARE BUTELLI

Dal rapporto con allenatore e giocatori al calciomercato. Dal licenziamento di Dolcetti alla scelta di Notaristefano. Dai calciatori “amici” a quelli “loschi”. Dal fotovoltaico alle critiche. Dalla squadra del primo anno a quella attuale. Dal voto per il ripescaggio a quello per la serie B. Dal primo giorno da presidente al bilancio di queste tre stagioni. E poi tutto il Cesare Butelli-pensiero e il personaggio “Ave” in questa lunga e divertente chiacchierata nella quale il numero uno dell’Ars et Labor si racconta davvero per la prima volta.

La cosa bella, quando intervisti una delle persone che più di tutte al mondo detesta le interviste, vale a dire Cesare Butelli, è che invece – e succede raramente – la chiacchierata è sempre molto divertente. Le due ore e passa al telefono che sono diventate questa sfilza di domande e di risposte credo aggiungano ancora di più all’ormai conosciuto, ma non ancora abbastanza, Presidente della Spal. Dovessi riassumerlo in due sole parole, Butelli, utilizzerei la definizione “che personaggio” nella sua accezione più originale, simpatica, affettuosa. E’ timido, “il Pres” ma alla fine si diverte anche lui a raccontare e raccontarsi. Sta sulle sue ma poi una parola in più la aggiunge ed è quella parola precisa che andava detta, quella che a te che dopo devi mettere tutto su carta oppure on line serve come il pane. E’ anche umile, Butelli, ma non è per nulla un falso modesto e quando c’è da portare il vento a poppa c’è anche lui pronto a tirarsela addosso, quella bonaccia o quello scirocco, a seconda dei casi. E poi, è questo è un pregio vero che rende il soggetto assolutamente invidiabile, non è mai cattivo, feroce o perfido, l’Ave nostro. Nemmeno quando ne avrebbe motivi da vendere, neppure con quelli che si potrebbero definire volgarmente “rimestatori di merda”. Una volta fa una battuta sarcastica, un’altra volta glissa, un’altra volta ancora dice senza necessariamente far nomi, “il Pres”. E qui viene fuori un’altra primaria caratteristica del Nostro che, certo, è un signore e l’ha sovente dimostrato preferendo i fatti alle parole. Personalmente posso aggiungere soltanto che fosse per me lo zavorrerei alla poltrona che fu di Mazza per i secoli nei secoli. Merito della simpatia contagiosa, certo, ma anche per l’enorme rispetto che ha dei suoi collaboratori. Rispetto che anche in questa intervista salta fuori come nemmeno un evidenziatore riuscirebbe a fare.
Ecco, allora, il generale Butelli-pensiero e il suo personale, e spallino, bilancio dopo tre anni, ormai, da numero uno dell’Ars et Labor. E siccome è la prima volta che si concede a un dialogo, a tratti un monologo, così lungo sapendo che i destinatari saranno la maggioranza dei tifosi biancazzurri, noi de LoSpallino.com lo ringraziamo per, così dire, la preferenza accordataci. Frutto anche – e lo capirete tra poco – di un martellamento più assiduo di Zamboni ai centravanti avversari.

Cominciamo da lontano. E’ stato un anno ricco di punti, il 2010. Il nostro statistico Andrea Tebaldi ha estrapolato numeri importanti. La Spal è la quinta squadra italiana del 2010 e Notaristefano il terzo tecnico tanto per dirne un paio. Ma è stato anche un anno difficilissimo…
“Sicuramente abbiamo fatto tanta fatica. Dei dati, invece, no, non sono affatto sorpreso perché sai bene che sono un appassionato di statistiche e quello che avete messo sul sito qualche giorno fa lo avevo già visto da solo. E’ stato un anno straordinariamente difficile, lo definirei in questo modo il 2010. Ci siamo anche trovati in un vicolo cieco, a un certo punto, poi ci è venuta questa brillante idea del fotovoltaico e crediamo di aver risolto tutto. Devo dirti che il discorso fotovoltaico è nato per caso. In realtà, avevamo contattato Turra per altre cose. E’ stato lui che ha avuto l’idea geniale e gli siamo andati dietro. Oggi che abbiamo sviluppato e terminato il tutto posso affermare che aveva pienamente ragione sia in termine di flussi economici sia dal punto di vista dell’importanza e delle garanzie che questo progetto ha e offre. Anche per ciò che riguarda la celerità delle varie operazioni, tutti dicono che siamo stati fortunati a metterci un solo anno. Non è soltanto fortuna ma va bene così…”.

Onestamente, quante volte hai pensato: chi me l’ha fatto fare?
“Sinceramente non capisco perché usi il passato prossimo… (ride). Ci penso ancora e tutti i giorni per un bel po’ di motivi. Ora, per definire totalmente il progetto fotovoltaico manca ancora l’1 percento e poi sarò più rilassato ma mi sa che continuerò a pensare a chi me l’ha fatto fare anche dopo… considerando che il 70 percento del mio tempo era, è e temo continuerà a essere dedicato a questione inerenti la Spal”.

Rispetto a quanto pensavi di rimetterci, almeno in percentuale quanto ti è costata finora questa avventura presidenziale rispetto alle aspettative?
“Sicuramente enormemente di più. Il calcio è una brutta bestia che c’entra zero con un’azienda normale. Se fosse un’azienda qualsiasi,  in certi casi dai due giri di chiave, chiudi e arrivederci e grazie. E invece con una squadra di calcio, e con la Spal in particolare, devi avere rispetto per tante persone ed essere onorato di rappresentarle. A fare due conti, se la Spal fosse stata un’azienda normale credo andasse chiusa dopo il primo anno, anche per mantenere quel che avevo detto venendo a Ferrara quando ammisi che doveva servire anche a fare business. Peccato che da questo punto di vista stiamo ancora a zero. Il problema è che poi subentrano fattori psicologici e non mere questioni di interessi e convenzienza che ti fanno andare avanti perché proprio non riesci a staccarti dalla tua creatura”.

Sei arrivato a Ferrara in modo e con atteggiamenti disincantati e distaccati. Piano piano sei diventato un vero tifoso. Ti aspettavi di innamorarti così tanto della Spal, una squadra che in fondo c’entra nulla con te e con le tue origini?
“Onestamente no, ma ho scoperto di averla subito questa passione perché non ero, e non sono, un intenditore ma un appassionato sì. Quel che gira intorno al calcio, di bello intendo perché ci sono anche cose brutte, è affascinante. Penso a una squadra come la Spal che è universalmente riconosciuta in giro per l’Italia e non soltanto. Quando dico che sono, appunto, il Presidente della Spal nessuno mi guarda stupito e nessuno mi chiede cosa cazzo vuol dire. Questo è un motivo d’orgoglio. Vero. Diciamo che ho messo il cuore davanti agli ostacoli e considero la Spal una mia creatura, anzi il mio terzo figlio”.

Sei un presidente atipico però quando non si vince ti arrabbi e in tre anni scarsi hai già licenziato un allenatore. Stai imparando il mestiere?
“Bah, no, assolutamente no. E’ impossibile, dai, trovare un presidente che non si arrabbi quando perde o che non sorrida a trentadue denti quando vince. Il fatto è che in quei novanta minuti si perde il cervello. Meglio: a volte lo si lascia addirittura a casa. Il concetto di imparare il mestiere legato a un licenziamento di un tecnico, come dici tu, non lo condivido perché se mi paragoni a mostri sacri dell’esonero come Zamparini o pensi al Verona, alla Cremonese per restare nel nostro ambito vedi che l’andazzo è anche peggiore. Se si facessero contratti annuali ci sarebbero certamente meno esoneri. Avere cambiato un allenatore in tre anni non mi sembra scandaloso e nemmeno prova che io sia uno irascibile. Quindi hai detto una cazzata (ride)”.

Dicci le tre cose, le tre scelte o le tre decisioni più importanti della tua carriera presidenziale?
“Mah… sicuramente rifacendomi a prima, il cambio di allenatore è stata la decisione più sofferta quindi la più importante. Un’altra è stata quella di aprire la compagine societaria a Turra. La terza cosa, se mi permetti la provocazione, è quella di iscrivere tutti gli anni la squadra al campionato. Con sti chiari di luna…”.

E i tre sbagli, invece?
“Sai… io… io… bisognerebbe chiederlo ad altri, non si ammettono mai i propri sbagli. Anzi, io per mia natura non sbaglio mai… e con questa battuta passerei alla prossima domanda”.

Sei molto legato al capitano Zamboni seppure siete lontani anni luce da mille punti di vista. Ecco, per carattere con quali giocatori hai legato di più in questi tre anni?
“Intanto ti smentisco subito! Io e Zambo siamo molto più simili e pure parecchio di quanto non possa apparire. Davvero. Abbiamo anche tante affinità. Lui è molto più profondo e sensibile di quanto non dia a vedere, mentre io sono certamente più aperto e brillante di quanto non si percepisca, credimi. Tornando alla domanda, non essendo io uno che vive a Ferrara, non frequentando molto il campo, vedendo i ragazzi prevalentemente nelle occasioni più sbagliate cioè nei prepartita dove sono tutti, a cominciare da me, molto tesi e concentrati devo dire con grosso rammarico che non ho mai consolidato e ottenuto grande confidenza, è normale. Vedendoli e frequentandoli un po’ di più, però, è ovvio che con qualcuno ci sia più sintonia senza dimenticare che sono un po’  prigioniero della mia atavica timidezza che, magari, per loro assomiglia maggiormente a un distacco che invece non c’è. E che, soprattutto nei più giovani, acuisce un quasi naturale timore riverenziale nei confronti di una persona che, però, è bene ricordarlo, talvolta si presenta al loro cospetto con i jeans strappati sui maroni… questa è carina, dai. Siamo universi che si sfiorano ma non si toccano. Poi, in occasione di qualche pranzo, si ride e si scherza insieme e dopo mi riferiscono che sono simpatico, spiritoso e anche un uomo con contenuti (ride), rispetto alla percezione diversa che avevano. Sai, con certi ragazzi ci sono anche tanti anni di differenza. Con alcuni appena una decina d’anni, vedi Luca Capecchi; con altri, tipo Pallara, quasi trenta. Ma io voglio bene sul serio a tutti e voglio anche dire che quest’anno abbiamo fatto un capolavoro dal punto di vista umano perché sono tutte persone per bene oltre che bravi giocatori”.

E con chi hai legato di meno?
“Sinceramente non avendo mai avuto grande confidenza con nessuno faccio fatica a rispondere. Diciamo che quelli che si sono fermati da noi per una sola stagione, sono quelli che inevitabilmente ho conosciuto meno senza per questo sottintendere che con gli altri sono andato a ballare. Comunque, in generale, i rapporti sono sempre stati cordiali con tutti, in questi tre anni soltanto un giocatore mi ha fatto un’impressione ai limiti del losco ma non faccio il nome neppure sotto tortura. Solo per evitare i soliti luoghi comuni ti dico che non si tratta né di Cazzamalli né di Centi”.

Dai, fallo sto nome… Bracaletti?
“Ma no! E non cominciare, non è che adesso mi fai tremila nomi, eh?”.

Spero non sia La Grotteria perché ti saresti sbagliato…
“No, ma se fai un altro nome l’intervista finisce qui. Che due palle!”.

Quindi puoi smentire il fatto che detestavi più di chiunque altro Cazzamalli?
“Eh eh… (ride) ma perché mai, non mi era particolarmente simpatico ma per quale motivo avrei dovuto detestarlo? Preferisco piuttosto parlare di un giocatore che mi ha lasciato un ricordo particolare e bello. Mi riferisco a Careri, una persona veramente a modo che ancora oggi sento tramite sms e telefonate, evidentemente disinteressate. E’ forse l’unico di quelli che non sono più con noi che si ricorda ancora di me e questo mi fa piacere”.

Quali sono i giocatori che senti di più?
“Daje! (ride). Non li sento, lo vuoi capire? A parte Zambo, ovvio, che più che un giocatore e il capitano è una sorta di ministro dell’interno o di padrino se vuoi, che quando c’è un problema è sempre in prima linea. Quest’anno che ho ripreso a pranzare con i ragazzi, il vecchio Zamboni è sempre in mezzo a fare da mediatore…”.

Chiami mai il tecnico per chiedere spiegazioni o dare consigli?
“Mai successo. Mai. Né con Dolcetti né con Egidio e quando dico mai è mai. Prima hai detto che sto imparando a fare presidente… Una cazzata e guarda che quelli veri fanno anche la formazione. Io ho grande stima del tecnico che è lì per allenare i ragazzi e nemmeno dopo la partita o a freddo faccio le pulci e chiedo spiegazioni. Ho sempre detto che faccio e farò il presidente atipico e moderno quindi non telefono… Piuttosto li mando via… senza preavviso alcuno (ride)”.

Che cosa ti piace di più di Ferrara e che cosa invece ti aspettavi fosse migliore?
“Guarda, io Ferrara e i ferraresi li frequento così poco che fatico a rispondere, rischierei di essere ingiusto. A Ferrara, come in tante altre città di provincia, il calcio è argomento tipico da bar e ognuno manifesta le proprie opinioni. Non guardo quanta solidarietà sociale c’è o per chi votano i ferraresi oppure quanti sono i metri quadrati di verde a disposizione dei cittadini. So di avere critici ed estimatori, fa parte del gioco”.

La cosa che ti piace più fare da Presidente e quella che proprio non sopporti?
“Quella che non sopporto è quanto sto facendo ora, lo sai bene visto che ti avevo promesso quest’intervista una vita fa e siamo qui solo per sfinimento. Ti ricordo che in quanto a interviste le mie si contano sulle dita di una mano mutilata (ride), ancora di più quelle di quest’anno. Non mi piacciono neanche le occasioni pubbliche. Quello che, invece, mi piace assai sono i minuti subito dopo una vittoria. Magari è banale ma è così”.

La delusione più grande e la soddisfazione più grossa da numero uno della Spal…
“Non ricordo nulla di clamorosamente positivo o negativo. Il ripescaggio no perché non era merito nostro. In generale la soddisfazione assoluta, per un team sportivo, è ovviamente vincere un campionato. Non credo esista nulla di equiparabile. Forse certe vittorie ma se parli di soddisfazione vera, grande, allora solo vincere il torneo. Spero di risponderti con più convinzione se e quando vinceremo qualcosa di importante. Un’altra cosa che mi viene in mente è che ultimamente, e mi fa molto piacere, mi fermano per strada e mi dicono che sono il presidente più positivo dai tempi di Mazza. Attento: dai tempi di Mazza, non dopo Mazza. Ripeto, questo mi fa molto piacere. Io non posso minimamente annullare un gap fatto di trent’anni di presidenza e di serie A ma i tempi sono oggettivamente diversi. Certo, non avrei fatto cose che ha fatto lui ma anche lui avrebbe qualche difficoltà in più ora. Per tornare alla tua domanda e agli aspetti negativi: direi tanti ed è meglio non menzionarli tutti. Ogni sconfitta, ogni stress per ottemperare obblighi finanziari, certe settimane affannate che distolgono dalla pianificazione sportiva… e invece oggi la Spal è importante come società a tutti gli effetti e ci sono equilibri economico-finanziari che ti fanno mangiare anche piatti amari, a volte”.

C’è qualcuno al quale ti senti di dover dire grazie?
“Ma, sinceramente così su due piedi non mi viene in mente. I ringraziamenti mi piace farli sui titoli di coda. Certamente ci sono persone che mi sono state più vicine. A me e alla Spal. Per ringraziare, però, mi prendo ancora un po’ di tempo…”.

E qualcuno che invece ti ha deluso?
“Sì, sicuramente ma vale il discorso precedente. Anche qui vorrei aspettare per fare l’elenco che peraltro è molto, molto più lungo (ride)”.

Parliamo un attimo del progetto fotovoltaico. Come sai noi de LoSpallino.com e non soltanto consideriamo questo progetto un vero e proprio miracolo. Tu che cosa ne pensi e quanto è stata dura arrivare alla fine?
“Anch’io penso sia tremendamente importante ma non parlerei di miracolo. Non abbiamo fatto chissà cosa, abbiamo realizzato un progetto industriale che è stato prima pensato in maniera seria e attenta da persone altrettanto serie. I miracoli non hanno spiegazioni razionali, qui invece ci sono solamente spiegazioni razionali perché ci siamo fatti un mazzo tanto nel pieno rispetto delle regole e delle leggi senza chiedere nulla a nessuno, scrivilo questo. Ci abbiamo messo undici mesi per portare a casa un’autorizzazione figlia di un progetto che pesava quarantadue chili (!) solo di carta e che, secondo molti, rischiava di fallire presto o di chiudersi in una vita intera o quasi. Niente di miracoloso, comunque, ma un gruppo di persone che ha dato anche il sangue per ottenere il timbro finale”.

Hai mai temuto che sul più bello saltasse tutto? E perché?
“Sì, in virtù del mio acclarato pessimismo ci ho pensato tutti i giorni. Non c’è un perché vero e proprio: ma nell’ultimo periodo della mia vita la sfortuna mi ha portato spesso a far sì che qualcosa saltasse sempre, magari all’ultimo momento, ma il progetto fotovoltaico era perfetto e razionalmente dubbi non dovevano essercene. Temevo solo il mio flusso negativo, ecco. Evidentemente ha vinto il flusso delle altre persone che ci hanno lavorato… (ride)”.

Credi che la Spal intesa come società oggi abbia radici davvero solide?
“Questo indiscutibilmente. Abbiamo patrimonializzato in maniera sostanziale una società di calcio che in quanto tale viene sempre vista come un oggetto vuoto. Non è più il solo progetto fotovoltaico, qui ci sono autorizzazioni che hanno un valore commerciale nell’ordine di milioni e quando faremo il campo, e qui ti regalo uno scoop perché ti comunico che i lavori cominceranno il 10 gennaio quando cantiereremo l’aria preposta, il campo dicevo avrà un valore assoluto. Sono convinto che oggi la Spal sia una delle poche società in Italia, tolti certi club di serie A, che non farebbe fatica a trovare un acquirente”.

Torniamo un attimo a quest’estate. I problemi del terreno del Mazza, i deferimenti, la sconfitta a tavolino in Coppa, il ritorno di Tomasi, il tuo imminente disimpegno… Si è detto, scritto e sentito di tutto…

“Ma… Che effetto mi ha fatto, dici? Anche di disgusto a dire la verità. Ho scelto il silenzio perché quando ti tirano palate di merda è meglio un dignitoso silenzio. A volte si sta zitti per dignità, per paura di dire qualcosa di troppo o perché non si ha nulla da dire. E questo non è certamente il mio caso. Mi sono preso tutta la merda, anche quella che non toccava a me e alla Spal e mi riferisco soprattutto alla vicenda del campo. Perché anche lì qualche filosofo si è azzardato a dire che si trattava di colpe nostre e invece no. Certo, ci abbiamo messo anche noi del nostro tipo la sconfitta a tavolino con il Trapani ma è stato un  peccato veniale perché anche in campo avevamo perso e la Coppa nemmeno ci interessava mentre sul piano dell’immagine, lo ammetto, è stato un danno. Certo, il Lumezzane ha fatto pure peggio ma guardiamo in casa nostra. Riguardo al discorso penalizzazione tutti parlavano e scrivevano di tre o quattro punti, noi abbiamo detto da subito che invece era un peccato leggero e alla fine abbiamo avuto ragione. Dovevamo fare scelte, la vita è così. Eravamo impegnati sul fotovoltaico, nessuno ci regalava nulla e quindi abbiamo affrontato passaggi economicamente pesanti per portare a casa il tutto e la coperta era corta per cui quando tiri da una parte scopri dall’altra. Quello che conta è che adesso siamo tranquilli e abbiamo fatto bene a comportarci così, questo lo dicono i fatti. Avessimo voluto badare soltanto al quotidiano saremmo stati pronti ad agosto e ora chissà dove saremmo, però. E invece eccoci qui, terzi nonostante la peraltro misera penalizzazione. Scrivi pure che io ho la coscienza a posto perché ho sempre fatto e sempre farò tutto quello che posso soltanto per il bene della Spal, la mia Spal. Questo è poco ma è sicuro”.

Rispondi di getto. Quanto pensi di rimanere ancora a Ferrara?
“Eh eh, risposte di getto non esistono. Ti dico che è vero che sono strano e atipico aldilà dell’esonero di Dolcetti che resta l’unica cosa banale che ho fatto. Ho fatto anche altre cose che nessuno sa decisamente poco banali. Ripeto, sono strano e può anche essere che decida di andarmene dopo aver dato comunque una grande soddisfazione alla città”.

Ma va. Credo di conoscerti bene. Il giorno che ti vedrò festeggiare per una promozione sono certo che ti innamorerai ancora di più della Spal e resterai, eccome se resterai…
“Vedremo. Ma a quale promozione ti riferisci?”.

A quella in serie B, ovvio…
“Ah, ecco… magari stiamo parlando di cose diverse…”.

Cambiamo argomento. Ti comunico una notizia. Sono almeno tre mesi che in città non si parla di un tuo disimpegno… Contento?
“Guarda, sinceramente questi argomenti non è che mi interessino molto, anzi mi lasciano indifferente e te lo dico con tutto il cuore. Sono sempre molto sicuro di quello che faccio e delle decisioni che prendo e così come mi appassionavano poco le voci di prima, anche ora mi cambia nulla”.

Ultimamente è tornato di moda l’argomento marchio. Un tema fondamentale per i tifosi. Qual è la situazione?
“La situazione, sono sincero, è congelata. Abbiamo detto delle cose, un mese fa ho scritto due righe sul nostro forte interesse perché in tre anni abbiamo capito bene quanto la faccenda appassioni i tifosi. Ora, soltanto per colpa mia, voglio dirlo, siamo fermi perché il fotovoltaico ci ha portato via dicembre poi ci sono state le feste, eccetera. Ma adesso siamo a posto e ho intenzione di chiamare la parte depositaria del marchio che ha dato la propria disponibilità a parlarne. Vediamo. In gennaio ci incontreremo e se ci sarà buona volontà – e da parte nostra assicuro che c’è – si arriverà a un accordo”.

Anche se è ancora presto parliamo della questione stadio… Ne hai parlato tu per primo e, facendo gli scongiuri del caso, in serie B si rischierebbe di non giocare al Mazza.
“Vedremo. Non dimenticare che l’Italia è il Paese delle deroghe. Oggi se vinci il campionato lo sai a maggio o a giugno e in due mesi ci sarebbe il tempo di fare i ritocchi necessari. Ma non so se il nostro stadio si presti soltanto a piccole sistemazioni. Vedremo anche qui, la posta in palio è molto alta per il risultato sportivo ma anche per una pianificazione economica per intervenire a prescindere dallo stadio, nuovo o vecchio che sia. Capisco bene chi di fronte a una cosa incerta come la promozione sceglie la prudenza altrimente si rischiano di spendere milioni di euro per niente”.

Lasciando da parte i regolamenti eccetera… Fosse per te tiferesti per il vecchio Mazza o sei per una nuova struttura?
“Ci sono i pro e i contro per entrambi le soluzioni. Ascoltando il cuore, metterei mano al Mazza perché  sarebbe più bello e garantirebbe anche una vita commerciale, cosa più difficile costruendo fuori, vicino a un casello o chissà dove. Certo, il Mazza ha problemi dal punto di vista delle regole. Per cuore e interesse, ripeto, ammetto che tiferei per il nostro stadio attuale ma ho paura che per il poco spazio che c’è intorno non sia una situazione facilmente adottabile se non facendo modifiche sostanziali alla viabilità che potrebbero creare problemi seri al Comune”.

Racconta ai tifosi della Spal il personaggio Remo Turra. E’ vero che diventerà il tuo vice?
“Diciamo che sulla carica specifica vedremo, ne parleremo. Noi gli faremo una proposta e sarà evidentemente lui a decidere. Il ruolo di vice presidente spesso è un po’ vuoto ed eventualmente lo caricheremo per rispetto del personaggio a meno che lui voglia fare altro sempre che non preferisca indicare un’altra persona perché è molto impegnato ed è spesso all’estero. Remo è una persona a modo, tagliata per la Spal. Ha 43 anni, è giovane, ha ancora meno parole e risponde meno al telefono di me, è difficile parlare con lui proprio come con me e anche per questo mi piace. E poi… è un bell’uomo e ce n’era bisogno perché di bello ci sono soltanto io in società. Scherzo, dai… Mica è bello come me!”.

Recentemente la Spal è finita su tutte le tivù e su tutti i giornali nazionali per la questione fotovoltaico. Come presidente, poi, sei stato intervistato praticamente ovunque. Li consideri segnali importanti e in fondo sono anche questi i motivi che ti hanno portato a Ferrara?
“Si tratta di segnali straordinariamente importanti, sì. Ho sempre detto che oggi la Spal è una società invisibile che gioca in un campionato invisibile con una copertura mediatica pressoché nulla. Il fatto clamoroso è che tutti si sono sorpresi perché nell’immaginario collettivo i presidenti calcistici sono lobotomizzati e anche ignoranti. E invece non è sempre così, noi abbiamo fatto una cosa importante. Molti mi hanno chiamato, e non parlo necessariamente dei tifosi. Tanti sono rimasti sorpresi di sentire Cesare Butelli parlare di fotovoltaico addirittura alla Rai e questo non può non essere importante e positivo per il “movimento” Spal”.

A proposito del fascino della Spal, nei giorni scorsi abbiamo pubblicato una curiosità che riguarda l’ultimo album della Panini…
“Ho visto. La foto di Paolo Mazza nella pagina della Lega Pro”.

Eh già che sei un collezionista di figurine. Hai già comprato l’album? Ma quando è uscito?
“Quattro giorni fa e mi mancano appena undici figurine per completarlo”.

Sei pazzo!
“Sissignore, le figurine sono la mia droga. Quest’anno ho avuto un piccolo sussulto nel pescare quella di Schiavon. E’ la prima volta che mi capita tra le mani quella di un mio ex giocatore. Inutile descriverti la goduria che proverei, il prossimo anno, nel pescare chessò Belleri, Battaglia e Zamboni (in serie B i giocatori sono stampati a tre per volta) con la maglia biancazzurra… Sotto sotto spero nella promozione soprattutto per questo e nella speranza che la Panini dedichi una figurina anche ai presidenti… Auto pescarmi sarebbe veramente il massimo… (ride)”

Vanitoso!
“Può anche essere”.

Parliamo di calcio. Che cosa ti piace della tua squadra e che cosa credi andrebbe migliorato?
“Ma quanto manca alla fine di quest’intervista? E’ un’ora e mezzo che siamo al telefono!”.

Quattro, cinque domande dai…
“Vabbè, chiedevi che cosa mi piace della squadra? La classifica, intanto… (ride). E’ buona anche se ci sono quelli, gli esigenti, che volevano cinquantaquattro punti dopo diciotto giornate. Ma non è possibile vincerle tutte. E poi mi piacciono i risultati perché non sono mai figli del caso e a mio avviso abbiamo ancora ampi margini di miglioramento. Credo anche che con i campi asciutti andremo meglio che con il fango, checché ne dica qualcuno. Io penso che da marzo in poi questa squadra sia in grado di dare altre e maggiori soddisfazione rispetto a quelle attuali. Mi piace anche il gruppo, un gruppo coeso, ragazzi che stanno volentieri qui. Mi piace il clima che c’è nello spogliatoio, la consapevolezza dei ragazzi di far parte di una società seria e la voglia di contribuire a regalare ai tifosi una gioia a fine campionato. Poi, se non sarà possibile pazienza ma c’è, eccome se c’è, la voglia di vincere. Cosa non mi piace? Quando le cose vanno bene è difficile dirlo, oggi non saprei. Avrei risposto volentieri dopo Marcianise l’anno scorso (ride)”.

Un giudizio su Notaristefano e un retroscena sul momento di sceglierlo. Che cosa ti ricordi dei vari colloqui per contrattualizzare il sostituto di Dolcetti?
“Ma quali vari colloqui? Uno solo! Perché l’esonero di Aldo non era premeditato. Abbiamo pensato che Dolcetti non andasse più bene e si è deciso di cambiare il giorno dopo la sconfitta con il Lanciano. Abbiamo contattato Egidio, fatto due chiacchiere e deciso che era abile e arruolabile. Abbiamo parlato anche con Rossi e i ben informati dissero che fu escluso perché costava troppo e infatti quest’anno allena il Cavanese in Seconda Divisione. Ecco, questo a maggior riprova del fatto che i soldi non c’entravano. Notaristefano non si è presentato infiocchettato, è una persona semplice, umile, ed era voglioso di rilancio. Ci ha fatto un’ottima impressione e visti i risultati non ci siamo sbagliati”.

A proposito di Aldo. Vi sentite ancora?
“Sì, guarda, ti racconto una cosa. Ci siamo visti a dicembre, il giorno di quella nevicata assurda in Toscana. Da Pisa a Lucca, compreso il pranzo, Aldo ci ha messo dieci ore per venire a trovarmi. Ha scelto il giorno… migliore dopo un po’ che non ci vedevamo. Non voler bene ad Aldo o interrompere i rapporti con lui è impossibile. Ha una cultura, una delicatezza, un’educazione che hanno pochi eguali in questo ambiente e non solo. Anticipo la tua prossima domanda. Sì, abbiamo anche parlato di Spal. Non l’ha vista molto, un po’ in tivù e mi ha detto che è una squadra che può dire la sua fino al termine”.

Torniamo alle cose di campo. All’inizio della stagione avevate parlato di profilo basso. Una settimana fa hai detto che vuoi andare in serie B…
“Posso dirti che è una domanda del cazzo?”.

Certo, però rispondi…
“Il profilo basso l’abbiamo tenuto finora perché non sapevamo di preciso chi eravamo. Ora che abbiamo visto le altre squadre… se vuoi continuo a parlare di salvezza ma sarebbe ipocrita, un insulto all’intelligenza di chiunque. E se parlo di playoff posso parlare anche di promozione diretta, d’altronde abbiamo visto anche l’anno scorso che alla fine Portogruaro, Verona e Pescara sono arrivate nello spazio di due punti. Quindi non vedo lo scandalo. Abbiamo una squadra importante arricchita ulteriormente, e in corsa, da giocatori bravi, ed è giusto pensare più in grande. E’ anche un sistema per levare alibi, per prendere coscienza dei propri mezzi… Non vorrei che si dicesse che la promozione non era richiesta. Invece sì, l’ho richiesta io. Lo sto facendo anche adesso”.

Che cosa chiedi ai tuoi per questo girone di ritorno?
“Ai miei chiedo, banalmente, di fare trentadue o trentatré punti che significherebbero primo posto. Cosa vuoi che chieda? Impegno e punti. Non posso che chiedere il massimo risultato. Siamo tutti qui concentrati sperando di vincere senza dover poi sentire troppi discorsi relativi alla pressione… In rosa c’è qualche centinaia di presenze in serie A, quindi è assurdo parlare di pressione… Mi viene da ridere…”.

Sembra tu ce l’abbia con me e con Sergio Gessi, tuo consigliere… Io scrivo e lui parla sempre di evitare dannose pressioni…
“Ma voi due di calcio non capite un cazzo (ride)”.

Quali sono le vostre rivali, secondo te?
“Credo che a questo punto la classifica qualcosa dica. Oggi i valori sono delineati. Non possiamo non tenere conto e non avere rispetto per chi è lì. Le prime sono le più forti ma non posso pensare che il Gubbio le vinca tutte. Se poi vogliamo metterci la Spal per non rendere inutile questa intervista, facciamolo tranquilllamente. Delle altre, quelle ora attardate, considero anche Spezia, Cremonese e vedremo il Verona…”.

Il mercato cambierà qualcosa, si faranno meno punti nel ritorno… Dirai basta o starai ascoltare eventuali richieste di nuovi interventi?
“Ma non dovevano mancare cinque domande? Sono esausto, due ore al telefono…”.

Tre domande, promesso. Intanto rispondi a quella sul mercato.
“Il mercato dura tutto il mese prossimo. Quindi vediamo come va il campionato nel frattempo. Il mercato di gennaio noi l’abbiamo fatto a ottobre e novembre con Belleri e Locatelli. Il primo anno abbiamo messo una bomba a orologeria dentro lo spogliatoio facendo quattro acquisti. Il secondo anno abbiamo fatto una grande riparazione azzecando lo scambio Centi-Smit. Si tratterà di vedere e capire perché non vogliamo lasciare nulla di intentato e siamo disponibili a intervenire ancora anche se oggi dobbiamo parlare pure con il nuovo socio Turra”.

Una critica. Dal punto di vista del merchandising e della radicalità del marchio Spal sul territorio siete ancora indietro…
“In che senso, scusa?”.

Nel senso che non esiste un negozio che venda prodotti made in Spal e lo stesso marchio non fa il giro della Provincia…
“Io credo che per quello che ci siamo detti prima riguardo al marchio, e per altre considerazioni, oggi il merchandising sarebbe un buco nell’acqua in un momento economicamente difficile come questo. Prendere un negozio, riscaldarlo, assumere personale per vendere qualche maglia o accendino… Sono strasicuro che andrebbe così. Male, cioè. Se poi si tratterà di trovare un canale alternativo vedremo e e ci lavoreremo. Metteremo mano, però, non prima di aver visto e risolto la questione marchio, altrimenti rischieremmo una situazione paradossale stampando, chessò, duemila biro con il marchio nuovo e magari, nel frattempo, ritorna quello che voi chiamate ovetto. Sono cose che devono andare di pari passo”.

Dopo l’impresa Lucca-Ferrara in bicicletta, quale sarà la “butellata” se la Spal… e mi fermo qui…
“Eh eh (ride). In  epoca non sospetta ho detto e lo ribadisco che mi lancerei con una paracadute da cinquemila metri ovviamente con un istruttore perché non l’ho mai fatto. Anche la squadra era d’accordo nel seguirmi ma con la tragedia del povero Taricone molti ragazzi si sono tirati indietro. Nel frattempo ho scoperto che in Basilicata, località Castelmezzano, una fune unisce due vallate e chi crede si fa legare come un salame a questa fune con una carrucola, a cinquecento metri di altezza, e percorre per due minuti alla velocità di circa centoventi chilometri orari la distanza che separa le due vallate.  Ecco, potrei essere uno di quelli che crede di farlo. Spero solo mi autorizzino, nell’eventualità, a indossare una bandiera della Spal a mo’di mantello di Batman. Per la B questo e altro…”.

Ultima cosa. Vuoi fare gli auguri al popolo spallino.
“Ma dai, è banale. Mettili tu gli auguri. Beh, l’augurio al popolo spallino, in quanto tale, può essere uno solo uno. Quello! Per gli auguri tradizionali, banalotti, passo la palla a te che… nelle banalità ci sguazzi… (ride). E visto che questi sono ancora giorni di festa e siamo tutti più buoni voglio anche dirti che non è vero che io non lo leggo mai e che mi fa cagare il sito de Lo Spallino… (ride)”.

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