Chiacchierate telefoniche redazionali, mail, sms. Argomento del giorno: l’intervistato quotidiano. Ci manca Zambo. Non l’abbiamo ancora sentito. Prima i nuovi giocatori, ora i vecchi e spicca l’assenza del personaggio per definizione. Dice: fallo tu perché tocca fargli domande un po’ delicate, siete amici, magari ti dice qualcosa di più. Affare fatto. L’omone biancazzurro sembra come un vecchio spot su un tema, questo sì, assai delicato. La frase a effetto era: se lo conosci lo eviti. L’apparenza inganna, spesso. Soltanto chi lo conosce veramente può capire i risvolti di questo rapporto complicato tra l’ex (?) capitano biancazzurro e una parte della tifoseria biancazzurra. Colpa di vecchie frasi a dire il vero decisamente infelici e del fatto che Marco Zamboni da Verona è davvero poco paraculo. Bastava nascondersi un po’ di più, stare in silenzio qualche volta, lasciar parlare soltanto il campo, lì dove Zambo più che parlare canta, (le) suona, e soprattutto gioca come ce ne sono pochi.
Ma questa è razionalità, furbizia. Robe che con Zambo c’entrano zero. Lui è così. Prendere o lasciare. E molti hanno scelto di lasciare e, forse, anche di fischiare. Tant’è. Persona vera, generosissima, il problema è, appunto, che spesso l’apparenza inganna e le voci diventano boati soprattutto in provincia. Zambo va a giocare a carte, magari a trionfo, con tre signori pure di una certa età un giorno sì e l’altro pure. Durante la partita beve due bicchieri di rosso. Fatti, non parole. Che poi, potenza di un telefono senza fili che attraversa il listone e approda nelle redazioni e nelle case dei tifosi, diventa un’altra cosa. Zambo gioca d’azzardo con soggetti poco raccomandabili ed è stato visto ubriaco. Cazzate? Molte di sicuro, ma il passaparola ogni volta aggiunge un granellino. E il Nostro fa nulla per frenare il chiacchiericcio e, anzi, succede che giustifichi le critiche sul comportamento poco sportivo con qualche scivolone molto meno bello a vedersi di quelli che fa in area quando salva quelle dieci, dodici situazioni complicate a stagione. Chi scrive, nemmeno troppo tempo fa, proprio perché amico, gli aveva suggerito di cambiare aria. Troppo incancrenita questa situazione, troppo testone anche Zambo, troppo sputtanato, massì scriviamola pure la parola giusta, in un ambiente molto chiuso e a volte pure un po’ bacchettone. Qui, è Ferrara, stazione di Ferrara. Ma succede altrettanto in città simili, u signur… i calciatori devono stare in casa, andare a letto presto, sesso per carità, bere non ne parliamo e chissenefrega se sono giovani, belli e con buone disponibilità economiche. Il tifoso, a fin di bene s’intende, e per l’immenso amore nei confronti della propria squadra, vorrebbe tenerli tutti rinchiusi i propri beniamini. Una sorta di: venghino signori giocatori in convento, o giù di lì.
Tutto quanto scritto fin qui non toglie, sia ben chiaro, che il di qui a poche righe più sotto intervistato, non abbia fatto le sue belle stronzate. E mica poche. Una più delle altre. Per questo, non è certo un mistero, dentro la società Spal c’è stato un confronto al momento di decidere che cosa fare contrattualmente. Andare avanti con Zambo oppure no, questo era il problema. Che si è risolto dopo due ore di chiacchierata tra il giocatore, il Presidente Butelli e il Direttore Generale Pozzi. Un colloquio sincero, un confronto anche serrato in un giovedì non qualsiasi di giugno. Per la cronaca, e per essere onesti in modo che, comprensibilmente, chi legge possa fare la tara tra la simpatia dell’intervistatore nei confronti dell’intervistato e i fatti reali, quel giovedì di cui sopra lo scambio di sms solito, questa volta proprio sullo stato del colloquio Zambo-dirigenza, andava avanti imperterrito e in tempo reale proprio perché aldilà dei consigli e dell’amicizia, prima di ogni altra cosa viene il tifo per la Spal. E in una nuova Spal imbottita di giovani, Marco Zamboni al centro della difesa voleva e vuole ancora dire qualcosa. Qui, almeno qui, c’è poco da dissentire. Sul resto, invece, le magagne sono parecchie e proveremo ad affrontarle.
Morale della favola, quello che sta per cominciare sarà il quarto anno del numero cinque a Ferrara. Dovesse stamparsi una frase in un’ipotetica maglietta, un po’ come quel “novità” incollato alla fascia di capitano, Zambo dovrebbe scegliere l’inizio di una delle ultime canzoni di Vasco. “Eh già, io sono ancora qua”. Il discorso è capire, e poi vedere, in che modo, il come, cioè, è ancora qua. Da quello che è dato sapere, e non è poco, nelle due ore di ramanzina dirigenziale e mea culpa dell’interlocutore, Marco Zamboni ha ammesso degli errore e ha promesso uno stile di vita diverso. Per restare in bianco e azzurro si è tagliato lo stipendio (tanto, davvero) e ha accettato la decisione del club di togliergli la fascia di capitano. Un provvedimento, quello di Butelli & C., che forse non è stata capito fino in fondo. Voleva essere un segnale allo stesso giocatore e alla tifoseria. C’è chi l’ha compreso, chi l’ha considerato una debolezza, chi un’influenza assurda dell’ambiente esterno. Comunque la si pensi, resta un atto concreto ora rimesso nelle mani del nuovo tecnico Vecchi. Che, l’ha detto anche in un’intervista a LoSpallino.com, pare invece aver deciso insieme con la squadra, di lasciare sta tanto discussa fascia al capitano che c’era una volta e, con tutta probabilità, ci sarà ancora. Quello che, invece, è indiscutibile è che Marco Zamboni è stato confermato per una scelta tecnica. La società crede infatti che lui possa continuare a fare le fortune dell’Ars et Labor tutte le domeniche sapendo che ha preso un impegno con i suoi datori di lavoro, quindi pure con la tifoseria, denigratori compresi.
Questa intervista che dentro la nostra redazione assomigliava tanto al classico cerino acceso, necessitava di una lunga premessa proprio perché i temi trattati non saranno esclusivamente sportivi e canonici, non riguarderanno soltanto, insomma, i buoni propositi, la fatica del ritiro, le facce nuove, i proclami, eccetera eccetera eccetera.
Una parentesi sull’attualità. Come stai, che tipo di infortunio hai rimediato in ritiro?
“Sto bene, avevo un fastidio da due, tre giorni ma non volevo abbandonare la preparazione. E’ tutta colpa di una vecchia cicatrice che mi feci una vita fa quando ero all’Udinese in uno scontro con Tare. Uno stiramento che mi tenne fuori molto e mi lasciò questa cicatrice. Che se non la elasticizzo bene, soprattutto all’inizio della preparazione, rischio di essere soggetto a problemi. Ma è stato solamente un piccolo stiramentino, niente di grave. Da domenica ho ricominciato a correre”.
Allora, Zambo, mettiamola così. Non sarà una vera intervista, piuttosto una sorta di interrogatorio, se vuoi anche un tentativo di fare chiarezza in un momento in cui, per diverse ragioni, la tua popolarità è decisamente in calo. Ecco, a proposito di interrogatorio: sei stato sentito dalla Procura Federale perché tirato in ballo nell’inchiesta sulle scommesse. Hai già negato tutto e lo abbiamo anche scritto. I deferimenti non ti hanno toccato. Se non fosse stato così, però, avresti fatto una bella figura di merda…
“Ovvio, certamente. Ma non è successo nulla perché io nemmeno li conosco quelli e non ci ho mai parlato, messaggiato… Mai avuto alcun contatto. Mai”.
Quarto anno a Ferrara. La tua permanenza in biancazzurro è stata in dubbio fino a quando non ti sei visto e confrontato con la dirigenza. Quello che vi siete detti lo immaginiamo. Quello che hai promesso tu, invece no.
“Qualcosina posso dirla. Sul campo non mi hanno rimproverato nulla e, anzi, mi hanno ringraziato per aver giocato sempre, anche quando ero infortunato. I rimproveri sono arrivate su cose dette al Direttore. Qualcuno che nel girone di ritorno mi avrebbe visto in giro la sera tardi. All’andata, invece, quando vincevamo, nessuno mi vedeva eppure ho fatto la stessa vita e nessuno diceva un cazzo. Adesso, visto che si maligna anche se gioco a carte al bar con gli amici… vabbè, vorrà dire che giocherò meno. Ma che devo fare, mi devo ammazzare? Certi scienziati hanno insinuato che mi giochi i soldi. Sì, con dei pensionati? Guarda, io sono rimasto qui perché tengo alla Spal altrimenti andavo a Lecce due anni fa o a Frosinone l’anno scorso. Credo in questa società e in questo gruppo. Il primo a rimanerci male per l’ultimo torneo sono stato io, come il Presidente e quelli che vogliono davvero bene a questa squadra. Checché se ne dica o scriva”.
Una parte della tifoseria non ti ha mai amato. Ti rimprovera un comportamento poco sportivo. Che cosa rispondi, prima domanda, ed è vero che quando sei stato ascoltato dalla Procura Federale ti hanno chiesto delle tue partite a carte che da un trionfo, di chiacchiera in chiacchiera, sono diventate… sospetto gioco d’azzardo e chissà cos’altro?
“Eh eh,… Col Pm, quando mi ha riletto l’intercettazione nella quale quei fenomeni parlano di me, ed è tutta gente che non ho idea di chi cazzo sia, mi hanno chiesto se giocavo a carte. Mi è venuto da ridere, gli ho spiegato che gioco con persone anziane di sessant’anni e passa e ho fatto pure una gaffe perché anche quelli che mi hanno sentito non erano giovanissimi. Mi hanno risposto che, da buon veneto, dovrei giocare a tressette e ho ribadito che giocando con amici ferraresi di una certa età avevo imparato il trionfo. Giusto per dare l’idea di come girino voci inventate. Anche queste sono cazzate. Ai tifosi che non mi stimano non dico niente, solo che molti di quelli il primo anno mi volevano fare un monumento. Mi dispiace perché sono sicuro di aver dato sempre il massimo. E’ vero che l’hanno scorso ho sbagliato qualche partita ma era tutta la squadra in difficoltà, a un certo punto. In questi tre anni non mi pare di aver toppato così tante volte… Vorrà dire che cercherò di farli ricredere”.
Una cosa, tra le altre, non è stata giustamente dimenticata dai tifosi. Quella tua uscita allucinante durante la contestazione al Centro di via Copparo. Che cosa ti saltò in mente?
“Sì, è vero ma bisogna anche dire che io ho detto una cosa che secondo me è stata riportata male. Magari l’ho detta male anch’io, sono sincero. Dissi che era un momento difficile anche dal punto di vista societario e che c’era gente che avrebbe messo mano al portafogli per migliorare. Era un modo di dire. Intendevo, che c’era chi avrebbe pagato di tasca sua per uscire dalla crisi. Non volevo certo dire quello che si è capito o che è stato raccontato. Colpa anche mia, evidentemente”.
Zambo, non possono venti persone o dieci che fossero, aver capito male.
“Allora mi sono espresso male io. Non avrei mai potuto intendere quello che hanno capito, paradossalmente nemmeno se fosse stato vero lo avrei detto. Ti pare?”.
Perché hai voluto rimanere a Ferrara a tutti i costi? E’ un fatto d’orgoglio, anche?
“Te l’ho detto, sono affezionato al Presidente, alla società e comunque avevo un altro anno di contratto. Siete voi giornalisti che mi avete messo sul mercato. Il mister Vecchi mi ha detto che credeva in me, quindi perché andar via? E poi, hai ragione, è anche un fatto di orgoglio. Sono consapevole di aver fatto degli sbagli. A trentatré anni, però, non devo dimostrare nulla a nessuno ma a me sì, e se non avessi voglia avrei già smesso”.
Onestamente, come ti spieghi questa avversione nei tuoi confronti da parte di una frangia di tifosi spallini?
“Sinceramente non lo so. Io non ho nulla da rispondere a parole. Penso solo a rispondere sul campo. Non ricordo in quale occasione, l’anno scorso, mi arrivò qualche insulto. In quella partita il vostro sito ma anche i giornali mi diedero minimo sette in pagella. Forse si accaniscono su di me perché una volta ho detto: contestate me e non i ragazzi più di giovani. Mi hanno preso in parola… Vorrei capire anch’io i motivi di queste critiche mirate ma fa lo stesso, forse gli sto sui coglioni e basta, forse è la macchina che ho… Magari la cambio… Comunque scrivi che quest’anno, dopo le dieci di sera, nessuno mi vedrà più in giro così sono tutti contenti”.
In questi anni, girando per Ferrara ti hanno mai contestato qualcosa di persona?
“No, mai”.
Sinceramente, ti è dispiaciuto perdere la fascia di capitano? Non la consideri un’ammissione di colpa?
“Alla dirigenza ho detto che come me l’avevano data potevano anche togliermela. Poi vedremo che cosa deciderà l’allenatore. Io non ho problemi. Solo, non vorrei che fosse una scelta che nasce dall’ostilità di un gruppo di tifosi. Comunque, nella prima amichevole il mister ha fatto votare con tanto di nome e cognome chi doveva essere capitano e sono uscito io. Con i dilettanti la fascia l’ho indossata io”.
Tutti ti conoscono come un duro e anche come un menefreghista. Chi ti conosce meglio vede anche un ragazzo sensibile e per certi versi pure fragile, aspetti che sicuramente negherai ma che personalmente ribadisco. Dimmi solo una cosa: ti è capitato, nei periodi peggiori ferraresi, nelle critiche più feroci, di rimanerci male davvero?
“Ovviamente sì. Io sono come tanti, forse posso dar fastidio perché, hai detto bene, sembro uno che se ne frega. Ma così non è. Comunque, ti ripeto, risponderò sul campo e anche nella vita privata con comportamenti diversi. Ho dato la mia parola al Presidente, al Direttore e al Mister e la manterrò. Io sono contento di essere rimasto qui e spero che anche quelli a cui sto antipatico capiscano. Ti faccio soltanto un esempio. L’anno scorso hanno detto alla dirigenza che mi hanno visto a Rovigo. Vuoi sapere una cosa? Non sono mai stato a Rovigo. Anzi, una volta sì, per un’amichevole. Giuro su chi cazzo vuoi. E come questa… chiamiamola visione, ce ne sono state altre. Se qualcuno, in maniera tranquilla e civile, vuole parlarmi io sarei contento di chiarire. Ci tengo davvero, mi piacerebbe aggiustare questa situazione che non fa bene a nessuno”.
Ultima cosa sul tema. Ti è stato anche rimproverato di essere un cattivo maestro. Di portare sulla strada, chiamiamola poco professionale, i ragazzi più giovani. Marongiu tra gli altri…
“Non sono un maestro, tanto per cominciare. Sul campo, magari, ho dato qualche consiglio. Punto”.
Aldilà della fascia contestata e di tutto quanto detto fin qui, sei uno dei pochi esperti della nuova Spal. L’hai compreso e lo condividi questo rinnovo quasi totale?
“Sì, certamente. La società ha scelto questa linea dopo i risultati dell’anno scorso. E qui una critica me la faccio da solo. Se avessi fatto il capitano fino in fondo, nell’ultima stagione, avrei dovuto fare un casino…”.
Boom! Spiega, spiega…
“No, no, lascia stare. Mi riferivo a comportamenti che non andavano dentro lo spogliatoio. Sì ma non metterla questa, dài”.
Torniamo a oggi. Sulla carta partite per salvarvi. Personalmente ti accontenti?
“Scherzi? No! Siamo una squadra giovane con margini di miglioramento assoluti. Ma ci sono buoni giocatori. Giocheremo e daremo tutto per vincere, e lavoreremo per uscire dal campo con la bava alla bocca e la lingua di fuori. Certo, restiamo con i piedi per terra. L’esempio dell’anno scorso ci farebbe parlare di salvezza anche se fossimo quinti alla fine dell’andata. Di sicuro, però, qui nessuno gioca per accontentarsi”.
In questi giorni di ritiro che idea ti sei fatto dei giocatori e dell’allenatore?
“Del mister posso dire che dal primo impatto mi è sembrato subito un vincente. Ti dico una cosa: quando si è presentato ha preso una lavagnetta e sopra ci ha scritto soltanto una parola. Vincere. Lui è giovane ma ha già vinto e non importa in che categoria. Vincere è difficile in tutte le serie. Di giocatori ce ne sono di interessanti veramente, non faccio nomi perché è presto e non voglio scontentare nessuno. Una cosa è sicura. Non ci sono ragazzi presi soltanto per la data nascita”.
Se dovessi fare un paragone con uno dei tanti tecnici che hai avuto, Vecchi a chi assomiglia?
“Bella domanda. Ne ho avuti talmente tanti… Forse è un mix. Sulla tattica mi ricorda Malesani. Ha idee precise e convincenti. Come capacità di vincere, visto che ha ottenuto non so quante promozioni, potenzialmente lo paragonerei a Lippi”.
Non vuoi fare nomi ed è comprensibile ma c’è qualche nuovo acquisto che non conoscevi e che hai scoperto positivamente?
“Piras e Taraschi sono molto bravi ma, credimi, ci sono diversi ragazzi con qualità e con voglia di fare”.
Non è che dietro siete un po’ troppo giovani e inesperti a parte te?
“E’ ancora presto per dirlo, aspettiamo un po’ e poi vediamo anche perché dell’anno scorso ci sono soltanto io dietro e vanno trovati i giusti meccanismi, va perfezionata l’intesa. Se andiamo a guardare, Cosner giocava più avanti ed è stato fuori quasi sempre per l’infortunio, Giovanni Rossi ha giocato poco, Vecchi mai e tutti gli altri sono nuovi”.
Tre giocatori della Spal sui quali punti, in quanto a riscatto, per la prossima stagione.
“Migliorini di sicuro perché ha qualità da serie B minimo. Deve crescere come carattere e personalità e non abbattersi alla prima difficoltà, però. Poi Arma che viene da due anni così così ma per noi è importante, io lo conosco bene ed è bravissimo. Mi ha chiamato appena tornato in Italia e mi ha fatto molto piacere. Ha la testa giusta, è una persona speciale, un grande lavoratore. Il terzo sono io, ammesso che mi debba riscattare”.
E’ cambiato il clima dentro lo spogliatoio?
“Sì, c’è più gioventù, meno brontolii, si pensa solo a lavorare e a far bene”.
Non ti chiedo nomi e cognomi ma una cosa puoi dirla. L’anno scorso c’era qualche elemento poco… “positivo”?
“Penso che almeno una metà dell’organico non avesse un atteggiamento positivo”.
Hai imparato diversi termini dialettali ferraresi. Qual è quello che più accetti come offesa?
“Eh, conosco solo parolacce io. Ma non mi offendo mai. E poi in dialetto è sempre una cosa scherzosa, piacevole. Mettine uno a caso”.
Aldamar?
“Questo me l’hanno già detto…”.